IL DUCA FEDERICO NELLA VITA QUOTIDIANA

Nel VI centenario della nascita del Duca di Urbino saranno molte (si auspica) le celebrazioni e le pubblicazioni in suo onore che ne esalteranno il carattere politico, mercenario e di mecenate che l’hanno contraddistinto. Poche invece le cronache che ci parlano di lui come uomo, Federico nella vita quotidiana e a contatto con i suoi sudditi. Vespasiano da Bisticci autore di una vita di Federico duca d’Urbino, contenuta ne Vite di uomini illustri del sec. XV, accanto alle solite celebrazioni del condottiero e del suo Palazzo, ne descrive la vita quotidiana, come in questo breve passo.

Da Urbino nella Letteratura Italiana da Dante a D’Annunzio, a cura di E. M. Guidi, Fano, Aras Edizioni, 2017, p p. 22-24, 125-127)

Una vita di Federico duca d’Urbino, contenuta nella più ampia raccolta delle biografie di personaggi del tempo, dal titolo Vite di uomini illustri del sec. XV1, fu scritta dal “bibliotecario” del duca Vespasiano da Bisticci e pubblicata solamente nel 1839. Si narra tutta la storia militare del duca, ponendo l’accento, naturalmente sulla sua perizia e la sua onestà. Parte è poi dedicata all’uomo di lettere e cultura e alla costruzione del palazzo. Sono anche elencate tutte le opere di ingegneria volute dal signore di Urbino.

L’opera, malgrado sia scritta con una prosa dal tono linguisticamente popolaresco, riveste una certa importanza per il suo valore documentale. Vespasiano, infatti, aveva una conoscenza limitata del latino e era uno dei pochi scrittori del tempo a riconoscerlo e ammetterlo; non era, almeno per gli standard del tempo, un vero e proprio “umanista”. Non raggiunge certamente i livelli di storici quali Machiavelli o Guicciardini, ma rappresenta in maniera schietta l’atmosfera del periodo. Le sue descrizioni portano il lettore dritto nell’atmosfera anche popolaresca, della strada, dell’Urbino del XV secolo.

Interessante è la parte nella quale il Bisticci descrive la vita, potremmo dire, “privata” di Federico, il suo modo di condurre le cose di “casa”, i suoi interessi e i suoi svaghi. Ne viene una figura di sovrano non abituale nel panorama del tempo, vicino ai sudditi e “alla mano” per quanto possibile, ma sempre comunque disposto a ascoltare e a sondare di persona il volere del popolo e a provvedere se necessario ai suoi bisogni, come si può evincere dal testo in antologia e da questo passo;

(…) Vidi già il dì del mercato, andar lui in su la piazza dove si faceva, e domandare a quelle donne o uomini, quello che volevano di cose che andavano a vendere; di poi si volgeva, e diceva per piacevolezza: io sono signore e non porto danari; io so che voi non mi fareste credenza, e areste paura, ch’io non vi pagasse. E così la sua umanità contentava ognuno, così i grandi come i piccoli (…).

Va da sé che deve essere considerato il valore encomiastico di queste parole, ma è significativo il fatto che Vespasiano abbia vissuto accanto al duca e che quindi, presumibilmente, ne conoscesse le abitudini e la quotidianità.

Vespasiano da Bisticci

Sono praticamente ignote le origini di Vespasiano ba Bisticci, se non che nacque a Bisticci, una località nei pressi di Rignano sull’Arno, tra la fine del 1422 e gli inizi del 1423, e che possedeva una libreria presso il Bargello. Famoso nella Firenze dei Medici per la sua attività di libraio e trascrittore di testi che realizzava in modo raffinato e di cui forniva su richiesta i signori del tempo, tra i quali Cosimo il Vecchio. Cosimo de’ Medici si avvalse della sua competenza quando programmò di creare la Biblioteca Laurenziana e Vespasiano lo consigliò e gli spedì, tramite Tommaso Parentucelli (poi Papa Niccolò V), un catalogo sistematico che diventò la base della nuova collezione e sulla traccia del quale, in soli, ventidue mesi, preparò 200 volumi per il signore di Firenze. La maggior parte di questi erano libri di teologia e canti liturgici. Diede anche un notevole impulso alla diffusione degli autori classici, quando Nicola V, il fondatore della Biblioteca Vaticana diventò papa. Passò quindi quattordici anni a lavorare per la famosa biblioteca di Federico da Montefeltro, duca di Urbino, dandole una organizzazione in qualche modo moderna. Nel 1448 era intanto stata inventata da Johann Gutenberg la stampa a caratteri mobili e, con il diffondersi di essa, la sua attività diventò sempre meno richiesta e egli, chiusa la bottega, si ritirò nella villa di sua proprietà a Antella dove trascorse l’ultimo periodo della vita a scrivere le biografie degli uomini illustri che aveva conosciuto. Queste, raccolte con il titolo di Le Vite, vennero pubblicate solamente nel 1839. Ci è pervenuto anche un ricco epistolario e un’opera dal titolo Libro delle lodi e commemorazioni delle donne illustri. Morì ad Antella nel 1498.

XXXV2

Avendo detto del governo della casa sua, diremo di quello de’ sudditi sua. Si portava con loro con tanta umanità, che, non gli paressino sudditi, ma figliuoli. Non voleva che persona parlasse a sua Signoria per alcuno de’ suoi sudditi, perché ad ogni ora del dì potevano parlare al signore loro medesimi; e tutti gli stava a udire con grandissima umanità; e il simile rispondeva, e non gli teneva a tedio nulla; ma s’ell’erano cose che si potessino espedire, allora la faceva, ch’eglino non avessino più a tornare; ed erano non molto numero quegli che non si ispacciavano al dì che giungevano al fine che non perdessino tempo. E quando voleva alcuno che gli volesse parlare, che si vergognasse, lo faceva chiamare, e davagli animo, che potesse dire quello che avesse bisogno. Usava inverso questi sua sudditi tanta umanità, che l’amavano in modo, che quando passava per Urbino, s’inginocchiavano a terra uomini e donne, e dicevano: Dio ti mantenga, signore. Andava ispesso a piè per la terra; e andava quando a una bottega e quando a un’altra d’uno artefice, e domandava come eglino facevano, e se mancava loro nulla, con tanta benignità che tutti l’amavano, non altrimenti che s’ama il padre e i propri figliuoli. Era cosa incredibile a vedere il governo suo; tutti i sudditi sua istavano bene, ed hagli fatti ricchi, con dare loro a lavorare tante fabriche quante ha fatte. In quella terra di quegli del suo paese, non gli si vede ignuno che vada mendicando. Se interveniva per qualche ispiacevolezza o per non osservare gli statuti e la legge loro alcuno ne fusse condannato, veniva di poi al signore per grazia, e faceva loro quello che domandavano, in modo che ognuno si partiva contento. Da una cosa in fuori, di tutte l’altre faceva grazia; e questa era chi biastemava o Dio o la Madonna o sua Santi: a questo non voleva avere né grazia né misericordia”.

1 V. Bisticci, Federico Duca d’Urbino, in Vite di uomini illustri del sec. XV, Firenze, Barbera Bianche e Comp., 1839.

2 V. Bisticci, Federico Duca d’Urbino, in Vite di uomini illustri del sec. XV, Firenze, Barbera Bianche e Comp., 1839.

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