PUBBLICARE IN SELFPUBLISHING?

È ormai qualche tempo, diciamo almeno un paio d’anni, che le persone, più o meno giovani, più o meno studenti, mi chiedono: Ma vale la pena pubblicare in selfpublishing? (Kindle di Amazon, o Streelib, o Kobo, per intenderci), Ha senso? E sempre con un tono non solo dubbioso, ma scettico e di chi si aspetta che la risposta sia: No, per carità!

Bé, non è propriamente così e vi sono un ordine di fattori da considerare. Intanto è indubbio che la “letteratura elettronica”, l’E.book sarà, anzi già è, l’editoria del futuro, senza considerare il commercio del cartaceo on line che ha ormai preso largo piede e non solo per la comodità di non spostarsi da casa o di poter fare l’ordine da qualsiasi posto in cui ci si trovi, ma anche per la vastissima scelta e per i servizi che fornisce, ad esempio la lettura di un estratto in anteprima, o la possibilità di restituire l’articolo. Io stesso lo scorso Natale i libri cartacei per i miei nipotini li ho scelti e ordinati sul web.

C’è poi la questione tutta italiana dell’editoria e dei rapporti con gli editori. Mi riferisco a quegli editori che pubblicano senza contributo, cioè senza pretendere un pagamento diretto da parte dell’autore o l’acquisto obbligato di un certo numero di copie (spesso tanto esagerato da essere ridicolo, 500, 900 copie, e che ci fa uno con tutti quei libri? sarebbe un problema anche solo sistemarli in casa), poiché se si è disposti a pagare per pubblicare, di editori se ne trovano a bizzeffe. Dunque, anche se non si tratta di un’opera prima e magari la precedente non è andata poi male, diciamo ha venduto qualche centinaio di copie, dal momento della proposta del libro, per lo più inviata via e.mail, a una eventuale risposta passano minimo 6 mesi, dopo di che si comincia a parlarne. Naturalmente parlo di case editrici di secondo o terzo piano, per le maggiori, a meno di un colpo di fortuna, valido o no il testo, se non si ha una buona presentazione o un’agenzia forte alle spalle, è come buttare un bicchiere d’acqua nell’oceano. Ho detto “tutta italiana”, perché fuori dai confini non è così. Ad esempio in Francia, ma anche nella maggior parte dei paesi almeno europei, i tempi si riducono a 2 o 3 mesi, pure presso edizioni di grande prestigio, e, soprattutto, c’è sempre una risposta, positiva o negativa che sia. Non esiste la formula “se non riceve risposta dopo 6 mesi consideri il testo rifiutato”.

Da considerare sono poi le questioni della distribuzione e della promozione. Ogni casa editrice ha un proprio distributore, regionale o nazionale, il quale poi fornisce le librerie. Ma, a meno che non vi chiamate Barrico e De Carlo, per citare due autori validi e famosi, nessuna libreria penserà di acquistare e mettere in vetrina il vostro libro. Forse qualcosa di più si può ottenere se si ha alle spalle un buon agente o una buona agenzia letteraria, ma sono soluzioni che costano e parecchio. La casa editrice quindi manderà il libro alla libreria quando verrà richiesto. Risultato i libri rimangono in magazzino e dopo un certo lasso di tempo, poniamo un anno, la casa editrice vi scriverà dicendo che potete scegliere se acquistare le copie rimanenti (solitamente quasi tutte) a un prezzo scontato, magari per distribuirle ai parenti, o se mandarle al macero. Gli editori che permettono l’auto pubblicazione, questo problema non l’hanno, il libro è sul web, si ordina e acquista direttamente, e, anche se non è stato molto promosso, navigando ci si può sempre incappare. Inoltre non ha una scadenza, non va al macero perché ingombra.

Questo ci porta direttamente alla promozione. Un libro pubblicato di cui non si ha in qualche modo notizia è un libro che non esiste, che non c’è, tranne che per il suo autore e le 10 persone con cui si è confidato. La casa editrice, a meno che non sia una delle tre o quattro maggiori e poi dipende dai casi, potrà organizzare una presentazione nella migliore delle ipotesi, visto che di solito anche a quelle deve pensare l’autore, iniziando un pellegrinaggio presso librerie, istituzioni, biblioteche, enti e associazioni culturali, per lo più di quartiere. Presentazione alle quali, se tutto va bene, parteciperanno una ventina di persone, compresi amici e parenti. Poi ci sono i quotidiani e le riviste, anche questi prevalentemente locali, su cui far pubblicare una breve recensione, sempre che si conosca qualcuno che lavori in redazione. Il massimo è un passaggio in una radio o televisione locale, ma ciò, come logico, a pagamento.

Amazon e compagnia qualcosa di più propongono. Intanto sono in rete con gli E.book e questo vuol dire che, grazie alle “parole chiave” che lo stesso autore immette, qualcuno sui motori di ricerca incapperà nel libro e la curiosità spesso gioca un ruolo non indifferente. Poi offrono la possibilità di promozione senza spese, come rendere scaricabile il libro gratuitamente per cinque giorni, cosa che può innestare il passaparola e, soprattutto, dare avvio alle recensioni dei clienti che sono sempre la migliore pubblicità. Infine, mettono a disposizione anche campagne promozionali a costi accessibili e costruibili dall’autore, come quella che si paga a seconda dei click che i frequentatori della rete e del sito fanno sul link del libro.

Un’ultima nota; Amazon e gli altri editori di selfpublishing pagano regolarmente i diritti d’autore a prescindere dalle copie vendute.

In conclusione, sì, pubblicare su una di queste piattaforme è un’ipotesi da prendere in seria considerazione per un autore.

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