A BEAT GOD

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Per molti il nome di Jack Kerouac viene associato a On the road e a qualche altro romanzo, pochi sanno che Jack fu anche uno dei massimi poeti della Beat Generation, e che fu proprio lui a chiamare il movimento Beat, come contrazione dal termine “beatific”, con intento religioso e non politico-contestatario, come lo fu invece per degli altri scrittori legati al movimento: Beat per Kerouac era l’equivalente di “beato”. La religione occupava un posto centrale nella sua poetica come ricerca del sé e del proprio posto del mondo. Cattolico convinto, dopo l’incontro con il Buddismo, intorno al 1954, tentò un’operazione di sincretismo tra questo e il cattolicesimo stesso, verso un cristianesimo che si caratterizzò per un forte slancio vitale. Le due poesie appartengono alla prima fase della sua opera poetica.

DIO NON HA FATTO IL MONDO PER GIOIRE

Dio non ha fatto il mondo per gioire

Abraham Lincoln si sentiva solo

Dio ha fatto il mondo per rabbrividire,

 

Ora sono steso sul mio letto di ferro

Teso, distrutto, macchiato.

Avevo una moglie mi amava.

 

Signore, maledizione, l’inferno e le città

Il cielo si è fatto bianco

C’è petrolio nel catrame che oggi mastichi

 

La malaticcia luna non lo dirà,

I miei occhi si sentono solitario

Mostri mi spingono via dalla finestra.

 

Con la solitudine addosso, Oh mio rotto osso,

Dove andare, che fare,

Non mi è piaciuta la mia vita.

 

SALMI

Dio, stamattina non riesco a trovare il tuo volto: la notte è stata

squarciata, è giunta una luce mattutina, e guarda! Ecco la città, ed ecco

gli uomini della città con i loro ingranaggi che vengono a inghiottire il

buio sotto le torri.

Ah! Ah! Qui c’è rabbia Dio, c’è anche un ponte sopra il quale gli

ingranaggi si urtano, sotto il quale portano altri ingranaggi e gallerie,

c’è un incendio che imperversa qui su intorpidite moltitudini.

Dio ho conosciuto questa città e ho dimorato qui intrappolato

e pieno di rabbia, sono stato un uomo di città, con ingranaggi, e

peregrinazioni, ho visto i loro volti qui intorno a me.

Devo vedere il tuo volto stamattina, Dio, il Tuo Volto attraverso la

finestra impolverata, attraverso il vapore e il furore, devo udire la tua

voce sopra lo sferragliare della città: sono stanco, Dio, non riesco a

vedere il tuo volto nella Storia.

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E quando ho visto la luce del sole mattutino pervadere la città, mio

Salvatore, ho pianto all’idea che ci fosse una tale ricchezza, che la

Tua luce fosse versata sugli infelici stanchi uomini della città, sulle

donne malinconiche, dentro le loro nere torri e i vicoli, tutta la luce,

mio Signore: e oh mio Dio ora ti prego – non allontanar ela Tua luce

da tutti noi, e da me – non potrei gioire in un buio più fitto, né potrei

pregare nell’ignoranza dell’oscurità: l’immensa luce sopra la città

e il ponte di mattina – e io sono salvo, mio Salvatore, salvo! Grazie

al sole che è un miracolo, grazie alla luce che ovunque splende –

ma Signore: donami forza per i miei salmi, affinché con forza possa

gioire, con altrettanta luce, donarmi il vigore delle lacrime, donarmi

nuovamente queste mattine di luce e di risolutezza e di umiltà.

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Solo in un mondo solitario, al buio, sveglio di notte, notte, sempre

notte: che io possa sentire l’uccello del mattino adesso, che io possa

alzarmi al mattino tra gli uomini e le donne e i bambini, che essi mi

guardino come guardano i padri, e possa avere un po’ di luce, un

po’ di giorno, un po’ d’amore, e uccellini alla mattina: Antico Dio

donami magnificenza e una schiena robusta, donami la più fervida

diligenza, donami meravigliose mattinate e le persone che di mattina

sono in giro, donami un po’ di luce, Antico Dio, donami un po’ di

luce! E donami i frutti delle mie fatiche affinché possa vederli, e

toccarli, affinché possa conoscere me stesso come lavoratore e artefice

di frutti, e non come uomo della notte e uomo del buio solitario

uomo solo, senza mattine, senza uccellini, frutti, bambini, senza sole

né giorno, Oh Dio, fa che io veda queste cose lì davanti a me, fatte da

Te per me.

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E che cosa Ti devo, Dio, per i miei doni: ti devo sudore e sofferenza e

tutta la buia notte della mia vita: Dio ti devo diligenza e devozione, Dio

ti devo questa fosca solitudine, e atterriti sogni – ma di umiltà, Dio, io

non ne ho te ne devo: poiché vorrei che Tu ti abbassassi a porgermi

una mano, tarmi a salire verso te – Oh io non sono umile.

Donami questo ultimo dono, e io sarò umile, io Ti dovrò umiltà. Sputa

sulla mia anima, Dio, perché continuamente chiedo e non dono e devo

ciò che ho donato, e dono, e donerò: Dio fammi donare. Ecco il vecchio

Giobbe tuo servitore, Dio: perdonami la mia giovinezza, allora,

perdonami per questo, Dio, oh fai di me uno che dona.

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Un salmo e un inno di lode: poiché là si estendono i campi, ben oltre

questa città, e nei campi, nei boschi, sulla terra, sul mare – là vedo i

Thoreau, e i Whitman, e i Thomas Wolfe, e questi sono i

colleghi dei miei tempi che hanno lanciato un grido a Te, Dio, e scritto

le loro grida, e pubblicato il tuo nome, e visto questa terra al mattino,

nei tuoi occhi: Dio Ti nomino i tuoi servitori, Ti nomino grandi servitori

e grandi occhi di te stesso: Ti nomino quegli uomini, Dio, con i quali

ho Giocato la mia sorte giovane e vanitoso nell’unirmi a loro, ma

vecchio e umile nel nominarli: Dio Ti nominerò nomi e cose, nominerò

lodi, inni, giubili, meraviglie, e le incalcolabili gravità della Tua vita:

Dio nominerò anche il Tuo Nome, e lo diffonderò ovunque dentro e

fuori la mia anima.

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E non esistono più salmi in me, Dio? – non più dolenti buiogioiose

visioni di Te, concepite nel più profondo abbandono, nel più buio

silenzio, nella più estrema solitudine e paura, non più fecondi e maturi

talenti di canto devotamente usati – non più?

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Oh dio quanto gioisco negli affanni ora, come se te li avessi chiesti,

e Tu me li avessi dati, quanto gioisco in questi affanni. Come acciaio

sarò, Dio, sempre più duro nel fuoco delle fucine, più saldo, duro,

migliore: come tu comandi, Oh Dio perduto, come tu comandi: lascia

che adesso io Ti trovi, come novella gioia sulla terra alla mattina,

come un cavallo che di mattina nei suoi prati vede un padrone

arrivare sull’erba – Come acciaio, sono adesso, Dio, come acciaio, tu

mi hai reso forte e fiducioso.

Battimi e suonerò come una campana.

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Grazie, Signore adorato, per il lavoro che mi hai donato, il quale,

rinchiudere angeli sulla terra, io dedico a Te; e con esso per Te mi

sfianco, e lo modello dal caos e dalla nullità in tuo nome, e gli

infondo il mio respiro per Te; grazie per la visione che Tu mi hai

donato, per Te; ed è tutto per Te; grazie, Signore adorato, per un

mondo e per Te. Avvolgi il mio cuore nel Tuo calore per sempre.

Grazie, Signore Dio delle Schiere, Angelo dell’universo, Re della

Luce e Creatore delle Tenebre secondo i Tuoi sentieri, i quali, se non

battuti, trasformerebbero gli uomini in muti ballerini dentro una

carne senza dolore, mente senz’anima, pollice senza nervo e piede

senza polvere; grazie, O Signore, per le piccole ricompense di verità

e calore che hai versato in questo desideroso vaso, e grazie per la

confusione, l’errore, e la tristezza dell’Orrore, che sono generati in

Tuo Nome. Mantieni la mia carne in Te perenne.

da, J. Kerouac, i BLUES di JACK KEROUAC, Mondadori, 2019

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