L’EUROPA NEI VERSI DI B. SANTOS

Non ho mai amato troppo la poesia che tratta in maniera esplicita temi politici, sociali, ideologici, insomma quella della così detta poesia engagée, ma devo ammettere che nel caso di Bernardo Santos, poeta spagnolo nato nel 1962, è dovuto fare di tanto di cappello, non solo per come tratta i temi, in maniera a mio parere nuova e onesta e transnazionale, senza nulla togliere alla resa poetica di uno stile veramente alto in lingua originale, ma pure in queste traduzioni supervisionate dall’autore.

Mercati

Licenziamento a Singapore, 15.000 in mezzo a una strada.

Sale la borsa di New York.

Le miniere di coltam sono già in mano ai ribelli armati dagli USA.

Sale la borsa di New York.

Nel paradiso tra il Tigri e l’Eufrate ci sono i carri armati che portano ai pozzi.

Sale la borsa di New York.

Nessuno parla più del subcomandante Marcos

Chavez si aggrappa alle corde

Lula si mette la cravatta

Fidel è ormai un novantenne.

Sale la borsa di New York.

Dio ritorna alla cattedrale dopo anni trascorsi nei quartieri popolari.

Sale la borsa di New York.

Si privatizza la sanità pubblica di mezza Europa.

Sale la borsa di New York.

Viene costruito un muro che taglia le vie del mare e del deserto.

Sale la borsa di New York.

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Gli do il numero e controllano.

Gli do il numero e mi fanno pagare.

Gli do il numero e mi prenotano un posto nell’ingranaggio.

Gli do il numero e mi identificano,

mi scrivono,

mi chiedono di votarli.

Gli do il numero e loro, sì, sanno chi sono io.

 

Europa, Europa

Andare da Grenoble a Ginevra in sei corsie

parlando spagnolo in una Skoda, con il fado alla radio.

Svegliarmi andaluso e con un aereo, tenere a Londra

la mia conferenza in ospedale, per poi essere a casa dopo cena.

 

E non impazzire, e nemmeno rendersene conto.

E pensare che forse, questo,

proprio questo, sia l’Europa,

dove la polvere delle frontiere è una nuvola,

dove la dogana si è spostata alla periferia

dei voli intercontinentali, fabbricando filo spinato

nei paesi aridi a sud, nei paesi con la giungla.

 

Perché è possibile vivere a Malmö

e lavorare a Copenaghen mangiando un ponte a colazione,

andare dalla pianura padana alla vetta alpina

in un treno che sospira mille metri sottoterra,

svegliarsi a Triana e cenare a Faro,

vivere a Salisburgo e lavorare a Monaco,

bere un bicchiere a Bratislava e il successivo a Vienna.

 

Questa Europa che ha sepolto nei cereali e nei girasoli

i suoi milioni di morti, l’emoglobina secca

della vena spaccata dalle Fiandre a Napoli,

dalla linea Maginot a Stalingrado.

Per la prima volta nella storia i morti sono fuori.

Sono abbattuti nei deserti,

nelle montagne dalle lingue esotiche.

 

Il secolo ha messo in campo la tenerezza e la tecnologia,

ha deflorato le torri merlate. L’Europa è possibile

per la prima volta, nel silenzio dei cannoni,

nelle alcove delle coppie miste,

nei progetti di ricerca.

Questa patria diffusa e contraddittoria,

quasi un’anti-patria, dato che non è basata su etnia,

lingua, religione e confine

né sull’opposizione ai nazionalismi invasori.

Embrione dell’ignoto,

patria soprattutto dei giovani

con la sua bandiera di scampoli di bandiere,

con i suoi inni radiofonici, le sue icone miste,

che consente un vincolo intangibile

tra il giovane studente, libero, opulento, di Stoccolma

che riceve uno stipendio dallo Stato

con il suo taglio di capelli, la sua bici e le sue lingue,

e il giovane operaio sfruttato di Messina

con l’ennesima gravidanza, i suoi grassi saturi

e le rate della macchina.

 

Il nuovo paradiso senza mele,

senza foglie di vite a coprire le vergogne,

un paradiso con più neve,

fumi e radioattività,

così, un po’ iconoclasta,

ma paradiso, in fin dei conti,

dove Babele si riconosce e ama

come una torre possibile, dove la traduzione

è l’impegno principale delle letterature.

Il nuovo paradiso senza mele

perché gli inferi sono a sud del mare antico,

ad est del Danubio,

perché siamo specializzati in recinzioni e filo spinato,

in dazi doganali e servizi segreti.

 

Perché l’Europa è anche pagare con Visa,

vivere di Ikea, pubblicare con Elsevier,

viaggiare con Volvo o cucinare Barilla.

L’Europa è un marchio registrato.

 

Perché brevettiamo tutto,

perché i nostri laboratori inventano tutto,

perché le nostre università,

le nostre multinazionali,

il nostro euro, le nostre banche,

i nostri cioccolatini e il latte,

quell’Europa bianca di latte,

quell’Europa lattea, di formaggio,

imburrata, quella lattescente Europa,

casearia.

 

Quelle mucche, quelle mucche.

Garda spaccato

Anche se alba e tramonto

sulla sponda orientale o occidentale

sono cosmogonie antagoniste

solo io mi rendo conto,

solo io sono solo con la sola luce,

solo il sole entra e sorge nelle mie vene.

 

Mitteleuropei di qualsiasi nazionalità,

anche quelli che si definiscono tedeschi, svizzeri, italiani,

nelle loro comode poltrone,

nel loro letargo di vene intrise di statine

ordinano libri in caselle di scacchi antichi

e dimenticano ciò che leggono, freddi e oscuri.

Ignari della luce effimera del breve tempo

non meritano il loro disprezzo montagna e lago,

vertigini e prospettive.

 

Nei prati inclinati da un pazzo

sgorga l’acqua pulita, europea, fredda,

che riempie gli stagni, bagna qualche melo,

si estende nei balzi erbosi e nei sentieri

ma non vivifica gli orti assenti.

In mancanza di carciofi, fagioli,

melanzane e sedano, l’unica cosa che si muove

è l’acqua, che scende, attratta dal lago

in una terra dove non è mai arrivato

il primo rinascimento andaluso.

 

Non succede nulla, nulla cambia

il lago è l’encefalogramma

di una morte onnipresente,

grigio nella sua opulenza.

L’orografia, come una fica immensa,

è invisibile, il cielo è acqua

e nella scarsa estate tutti mentono.

C’è un retrogusto acido

di Repubblica di Salò.

Venezia germinale

Il tuo viaggio verticale verso il fango

è l’incubo da cui fugge l’anima mia.

Vuoi essere un’edera sul marmo,

sottile per i venti e l’armonia dell’occhio.

Non marmo sommerso e pie’ bagnato.

 

La nebbia del tuo inverno e la luce moltiplicata

nelle acque estive sono la stessa cosa,

qualcosa che mi parla, un messaggio cifrato

diverso ad ogni calle, ad ogni ponte.

 

Sono stato nel tempo uno nel Ghetto

e trino pure all’Accademia,

magnaccia duro e iracondo nelle locande

e quello che ascolta nei caffè.

 

Mi hai dato l’opportunità di essere diverso,

quanto sono diversi i tempi in cui sono stato

dentro di te, attraverso i tuoi nervi liquidi,

le tue tortuosità e il tuo modo femminile

di essere una città al contrario, tutta nel passato.

 

(Traduzione di Gabriela Arribas, in collaborazione con l’autore)

Bernardo Santos (Vinuesa, 1962) è poeta e farmacista ospedaliero. Nei suoi versi intende denunciare il disordine e l’ingiustizia, cercando di rinnovare costantemente le sue forme espressive e senza trascurare temi come le nuove relazioni interpersonali, la topofilia, l’inconscio e la memoria. Ha pubblicato le raccolte: Terraza al infinito (Padilla, 2000); Amor desobediente (Padilla, 2002); Con el paso cambiado (Padilla, 2006); Vinuesa, Zahara y otros lugares (Soria Edita, 2011); El mismo diferente amor (Ultramarina Cartonera, 2012 e 2014); Con el paso cambiado, nuevamente (Baile del Sol, 2013); Global y roto (Amargord, 2014 y 2018); Carbono 14 (Baile del Sol, 2017); De la estirpe burguesa (Amargord, 2018). Ha tradotto poesia dall’italiano: insieme a Soledad Soler, Emporium di Marco Onofrio (Luces de Gálibo, 2019) e, insieme a Rocío Nogales, Delta del tuo fiume di Gëzim Hajdari (Luces de Gálibo, 2022). Ha vinto il XIV Premio Internazionale di Poesia Luis Feria della Universidad de La Laguna (2012) per la sua raccolta di poesie Global y Roto. Nel 2012, ha ricevuto anche il premio Aintzinako Bihotz (Cuore arcaico), nell’ambito degli incontri Voces del Extremo di Moguer. La sua poesia Mercados compare nell’album Voces del Extremo (El Niño de Elche, 2016). Ha pubblicato nelle seguenti antologie: Cierzo Soriano. Poetas para el siglo XXI (Soria Edita, 2003); Voces del Extremo (Málaga-Moguer, 2011); Campo dignidad (Baladre-Zambra, 2013); III Espiral poética en el mundo (La última canana de Pancho Villa, 2013); En legítima defensa (Bartleby 2014); Disidentes: Antología de poetas críticos españoles (La oveja roja, 2015); Conmovidas (Ediciones luso-españolas, 2019); Naturaleza poética (La Imprenta, 2022).

B. Santos, da: AA.VV., Alias. Antologia translingue di poesia italo-spagnola contemporanea (Erranze), 2023, a.c. di Dalila Colucci e Leonarda Trapassi

 

 

 

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