A PROPOSITO DEL 45° Presidente USA.

La buona lotta, daccapo.

                                               Dissi: “Lotterò contro [Strom] Thurmond in cielo e in terra”.

                                              MODEJESKA MONTEITH SIMKINS, MATRIARCA

                                               DEI DIRITTI CIVILI, SOUTH CAROLINA, 1948.

                                              In occasione dell’elezione del 45° presidente

                                             degli Stati Uniti d’America.

 

Tu con le tue piccole parole da revolver

decorato di avorio, puntato sui nostri cuori

pieni di sogni, sempre in salita, bramosi di essere migliori, tu

sulla scintillante pista di decollo presidenziale, tu

con le tue fondine XL di odio incallito su

entrambi i lati delle tue anche molli e labbra scontornate,

con il tuo nichelino linguaggio-mitraglia di distruzione

che sferraglia nel microfono del nostro quotidiano,

con il tuo indegno gergo d’argento da due soldi

senza mai né capo né coda,

che demolisce e sminuisce la strada che abbiamo fatto

mentre versi la tua benzina importata

sulle nostre paure roventi di rabbia nascosta, tu e tuoi

piccoli hunger games da Pac-man, che rendono

ciò che ci spaventa, per poi farci ciondolare la rovina

vivente davanti agli occhi come una cosa

che ci serve, pantagruelica e inusitata,

tu e i tuoi titanici jet privati carichi d’odio

puntati contro tutti quelli che non condividono

la tua ciocca bionda che si sfoltisce, tu, che sali e cadi,

mongolfiera di anti-meraviglia, sospesa su

di noi, che piove su di noi, senza mai guardarci

negli occhi, che piazzi dinamite nei pressi delle nostre case,

delle nostre fortezze-del-cuore, delle nostre aquile calve, dei nostri campi di grano,

sul durame delle nostre città, sulle nostre migrazioni

verso il progresso, tu con la fedele camarilla di aggressivi

ciaciaroni privi di senno, un fiume in piena di credenti,

che ci minaccia, imparando a memoria insieme tutto

l’elaborato arpeggio in note cupe di Erigerò

un muro, col tuo cuore da uccellino sotto canfora,

tu e la tua schiatta, con i vostri manifesti e inni

malvagi, raccolti tutti insieme, nello

splendido picnic, sempre esaltati dal presenziare

a una nuova impiccagione della sovrana gentilezza

& empatia reciproca che è ancora un work

in progress, tu e quelli come te, che s’attardano

per il servizio fotografico e poi per la spedizione

della cartolina insanguinata con Dovevi esserci anche tu!

Scribacchiato sul retro, mentre indicate in alto

i rami che ancora oscillano di tutto ciò che resta

di quello che un tempo era un essere umano, tu e i tuoi

piccoli Lasciatemi chiudere l’affare occhi bomba atomica,

minacciando un mondo che si rifiuta di concederti

la scena, la tua orchestra di estratti sonori

tirapugni e miliardari, che non ti volevano

presidente più di quanto non ti volessi io

presidente, ma che non hanno avuto il coraggio di dirtelo

in faccia, che razza di logoro spaventapasseri

piazzista di terrore sei, sonnolento sull’attenti,

in momentaneo sfoggio, smodato e impettito

al centro del nostro sacro campo di girasoli,

in faccia la stessa espressione spaventosa e interdetta

mentre chiedi sguaiato agli organizzatori della Parata Presidenziale:

Me lo potete mettere un carrarmato nella parata? Voglio

tantissimo un carrarmato. Ci vuole poi uno del

precedente governo a sussurrargli che un carrarmato

sarebbe del tutto fuori luogo. Quelli che ti hanno messo

dove ti hanno messo attendono con timore impronunciato, rifiutandosi

di credere in un altro ordine per la protezione

dell’ambiente, un’altra pala eolica solare che ruota

sulle pianure, e nei parchi, o in un altro presidente Nero

con uno splendido nome mussulmano, o un’altra donna Nera

First Lady con muscoli del braccio da soldatessa del Southside.

I tuoi veri credenti sono sguaiati e fieri nella gioia per l’elezione.

Tu non sei un tipo nuovo di uomo. Il tuo tipo di uomo

ha marciato pimpante sui nostri dolci

Stati non ancora uniti con scarpe chiodate per molte

generazioni, con fialette puzzolenti e shrapnel all’1%

incerottato su microfoni che trasmettono radio AM, prendendo a calci

e trafiggendo ogni cosa piena di nuova speranza accresciuta

che abbiamo mai trascinato fino alla linea d’arrivo ancora da completare

di questa nazione. Tu e la tua acconciatura da Pompadour da galletto rosso,

che ti guadagni da vovere zampettando tronfio in cortile,

cercando i menomati, o gli spossati, per beccarli

a morte prima di tornare in volo al tuo trespolo

nell’attico, a gloriarti, tu con il tuo passo pomposo,

le tasche di seta vuote, che sputi la tua più recente

mancanza di rispetto, Guarda i miei afroamericani Là!

Guarda! Là! Sono i miei afroamericani.

Il tuo respiro protratto che sostiene miei nell’aria come

se Sorpresa! Sorpresa! Tu alzassi per caso lo sguardo

dagli appunti, verso la folla, solo per vedere una

delle tue bambole esotiche evasa dalla Grande Villa,

che non lucida più l’argenteria, come da comando, nel

giardino davanti casa, alla tua manifestazione pomeridiana che ti acclama

all’unisono con gli altri, appigliata alla tua luccicante esteriorità

con gli occhi così squisitamente feriti dal disprezzo

di quattrocento anni di tenere ininterrotte percosse

così da essere incapaci di capire la differenza

tra uno schiaffo in faccia e una pacca sulla spalla.

Tu vuoto assoluto e in malafede drogato dalla menzogna

di luci TV, prigioniero del narcisismo e di tutti

i gingilli di guerra, tu studente a pieni voti dell’allusione malevola

e inventore delle sublimi aspirazioni del bullo, tu

microcefala nuova/antica macchietta stereotipata di questo nostro

dolce tempo di vita, nella tradizione di altre

donne del Sud, io lotterò contro ciò che dici

di essere in cielo e in terra.

Nikky Finney è originaria del South Carolina. Autrice di numerose raccolte poetiche- tra cui Head Off & Split, con cui si è aggiudicata ol National Book Award nel 2001 – è membro della fondazione Cave Canem e tra i fondatori di Affrilachian Poets, entrambe organizzazioni dedite alla valorizzazione della poesia afroamericana. Il suo impegno è stato ricompensato con numerosi premi tra cui il PEN American Open Book Award e un Benjamin Franklin Award for Poetry. Insegna alla University of South Carolina.

Da, Nuova poesia Americana vol. III, Black Coffee, 2021.

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