RECENSIONE DI MARIA LENTI

ENRICO MARIA GUIDI, VOLPONI OLTRE IL 900. SUGGESTIONI POSTUMANISTE NELL’OPERA IN PROSA, Prefazione di Antonio De Simone, Cento, Freccia D’Oro 2023, pp. 194 €18.00

La letteratura, per Paolo Volponi, è conflitto e confronto con la realtà, la realtà anche del pensiero e del pensarsi, è forza, verità. La letteratura, pertanto, si fa classica: per ciò i classici non hanno scadenza, costituiscono sempre, mutatis mutandis, il banco della nostra esistenza per l’ombra lunga e profonda del loro dire.

Non v’è dubbio che tutta l’opera di Paolo Volponi (di cui l’anno prossimo ricorre il centenario della nascita e il trentennale della morte), il suo pensiero, possono avere rispondenza e proiezione in questo oggi di incertezze e di supponenze, di erosioni inarrestabili, reali, della nostra terra, di rapine di risorse per il benessere dell’uomo.

Enrico Maria Guidi, in questa sua pubblicazione ricca nello scavo delle prose di Paolo Volponi (i romanzi, i racconti, alcuni saggi di Naturale e artificiale, qualche intervento parlamentare su scienza e tecnica) e supportata dagli studi sul postumanesimo, indaga sulla riflessione volponiana per trarne i termini del rapporto tra l’uomo e la natura (nelle sue diverse componenti), tra l’uomo e la tecnica, tra l’uomo e l’ambiente, rapporto quanto mai necessariamente da non tacere oggi, sul quale intervenire senza indugi. Perché, oggi, tale rapporto è giunto ad una imparità quasi senza ritorno.

Per Volponi impari e con tratti marcati di sopraffazione e spregio lo era già decenni fa: «Tutto è ridotto a strumento, mezzo, risorsa, energia o punto d’appoggio per un vorticoso percorso che va sempre più verso il fuori, un fuori. La natura appare ormai come la tavola, la tastiera di una simulazione; i suoi elementi, le sue stagioni sono ridotte essenzialmente ad essere i tasti, i commutatori, gli “input” di questo piano di simulazione» (in P. Volponi e F. Leonetti, Il leone e la volpe, Einaudi 1994).

Per secoli l’uomo è stato al centro del cosmo attraendo nella sua orbita e nei suoi interessi il mondo circostante, usandolo a suo consumo, piacere e norma, oggi (ma, storicizzando culturalmente, almeno dalla metà del Novecento) stringe la riconsiderazione urgente della sua centralità o meno. Dall’umanesimo (antropocentrismo) si è passati al postumanesimo, dall’uomo al centro alla compresenza dell’uomo, dalla riduzione a sé della natura all’essere in essa presenza (razionale) tra presenze con una loro vita non più da ignorare o da sottomettere o da stravolgere.

In Paolo Volponi questa posizione, peraltro una diffusa sua preoccupazione, Enrico Guidi la rintraccia già in Memoriale e, a seguire, in La macchina mondiale, in Corporale e in Il pianeta irritabile, romanzo lungimirante, eppure non proprio compreso, alla sua uscita, da recensori frettolosi nella considerazione della sua sostanza e dei suoi protagonisti, quattro animali e un nano, unici sopravvissuti alla catastrofe.

Con metodo e una bibliografia di tutta evidenza – ampi stralci nelle note e nel testo, così come ampie sono le citazioni da Volponi – Enrico Maria Guidi si addentra nei romanzi avendo davanti i diffusi studi, italiani e stranieri, sul postumanesimo. Attinge dialetticamente alle riflessioni di teorici (tra cui R. Marchesini, R. Campa, A. Allegra, R. Braidotti, D. Haraway, K. Hayes) impegnati da decenni su questo versante, seguendo le dinamiche, i concetti, l’agire, i desideri e anche le velleità dei protagonisti volponiani Albino Saluggia, Anteo Crocioni, Gerolamo Aspri, il nano Mamerte e i suoi compagni di un ormai pianeta irritabile.

Paolo Volponi, scrive Guidi, si avvicina « al postumanesimo (…) non come una negazione dell’umano, un anti-umanesimo o un dis-umanesimo, ma piuttosto come un avanzamento dell’umano, (…) accettando le mutazioni che il tempo corrente propone e impone, sia dal punto tecnologico e scientifico che ambientale, ma sempre nell’ottica di un nuovo umanesimo che coniughi l’uomo stesso con il resto del mondo.» (p. 180)

Il critico urbinate porta Paolo Volponi così oltre il 900, nulla togliendo agli studi finora condotti su questo scrittore capisaldo della letteratura, sulla miseria del capitalismo rapinatore tanto più se finanziario come quello di Le mosche del capitale, sulla urgenza di una diversa gestione delle risorse economiche anche con l’energia giovane delle maestranze, sulla oculata politica della cosa pubblica. Guardando, infatti, a fondo nelle opere in prosa (qualche accenno anche sulle poesie) Enrico Guidi vi scorge la lunga proiezione oltre il loro presente, il cannocchiale di chi anticipa una ben visibile conseguenza, il campo largo del futuro prossimo, la miseria di una “sopravvivenza” fortemente mutilata, anzi improbabile, se si ignorano le tutte probabili scie di un uso distorto e incontrollato della scienza e della tecnica.

Maria Lenti

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