WIKIPEDIA? SÌ, GRAZIE! (breve nota su WP)

Sulla scia di quanto scritto da Alberto Abruzzese in una nota prefazione, Wikipedia è diventata, per me, quasi un punto di riferimento, l’elemento che potrei definire “risolutore” di molti problemi riguardanti la stesura di testi e la scrittura in generale. Quando devo o voglio scrivere su un particolare argomento mi viene spontaneo consultare Wikipedia, proprio per il suo carattere duttile, fluttuante tra il veritiero e l’indeciso, in rapporto così interscambiabile da annullarsi l’uno con l’altro. Non è che mi fidi o cerchi notizie e informazioni certe o credibili o, tanto meno, dotate di “scientificità”, ma vi trovo tutta una serie di definizioni e opinioni, forse non sempre verificate e in ogni caso, penso e spero, controllate, immesse da gente che comunque è interessata all’argomento e che quindi non dovrebbe avere motivo d’essere falsa o di cercare di depistare altri lettori, per quanto tutto è possibile. Insomma un incessante moto di trasformazione e “aggiornamento” che bene si può paragonare con il nostro mondo in cui i punti di vista si rovesciano continuamente, fino a rivoluzionare, o avvicinarsi a farlo, le geometrie antinomiche che sempre hanno dominato la nostra cultura. Sembra quasi di trovarsi in quella zona del “nomade” cara alla cultura postumana, in cui non regna il sapere unico o consolidato dalla tradizione o dall’autoritas del sapiente, o di un gruppo di sapienti, ma oscillante tra opposti. Sempre in bilico tra l’inizio e la fine. Per essere chiari mi viene in aiuto la citazione da Paolo Frabbri, che mutuo dalla prefazione di Abruzzese, e dove scrive: “Wikipedia non è un testo di consultazione consegnato agli scaffali delle biblioteche, ma una parte dell’ambiente reticolare in cui viviamo. È un segno e una componente riflessiva dello stato dell’informazione ai tempi del web. I suoi fondatori sono lontanissimi dal pathos di ‘unificare l’infranto’; credono anarchicamente in un ordine fatto di assestamenti in divenire, in cui attori ‘miopi’, con conoscenze locali, tengono conto soltanto dei saperi a loro prossimi. Eppure nella rinfusa delle scelte e della ridda continua degli scarti, questi attori raggiungono condizioni generali ed evolutive non lontane dall’equilibrio. Le reti decentrano gli ordinamenti e depongono le gerarchie. Wikipedia è un’enciclopedia politeista, cioè senza il ricorso trascendente ad un unico occhio che ne decida il senso e il valore. Che sia la ragione della sua enorme fortuna e delle prevedibili difficoltà a venire” (P. Fabbri, Wikipedia, la mega-enciclopedia del web, in AAVV, Testure. Scritti seriosi e schizzi scherzosi per Omar Calabrese, a c. di S. Jacoviello, Siena, 2009).

La creazione di Jimmy Walles non è solamente la più consultata enciclopedia del mondo, fruibile in tutte le lingue e praticamente accessibile da qualsiasi parte del Pianeta e in qualsiasi momento o quasi, ma una vera e propria metafora delle trasformazioni che si stanno verificando, o si sono già verificate, nel mondo contemporaneo, oltre a definirsi come uno strumento di una potenza di comunicazione e, se si vuole, di influenza eccezionali. Spontaneo viene, come fa Abruzzese, il confronto, paragone o solamente accostamento, a l’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e D’Alambert che raccoglie il pensiero sviluppatosi sin dal XVII secolo e proseguito nella prima metà del XVIII, e che si può considerare la maggiore epitome, quasi un manifesto, della riflessione filosofica e sociale maturate prima, durante e immediatamente dopo l’Illuminismo, finendo per identificarsi come enciclopedia, summa generale e complessiva regolata da un sistema di ciò che la cultura, nel sua completezza, conosceva. Così Wikipedia sembra una summa di conoscenze costituita da un nugolo in movimento continuo di saperi variabili, transitori e alla fine quasi inesistenti. Un modo di concepire la conoscenza non più come la proposta di elementi e identità contrapposte, ma pur sempre conciliabili con un “soggetto universale e sovrano sul mondo intero”, ma capace di prodursi nello stesso momento in cui si compie l’atto del suo consumarsi.

Questa la mia opinione su Wikipedia e l’uso che se ne può fare senza rischiare di finire per enunciare “verità” che spesso hanno tutto tranne una base, se non scientifica, attendibile, perché non tutti lo notano, ma anche quando sui social molti utenti riportano, per rimanere nel campo che mi compete, almeno credo, notizie su artisti, opere, scrittori, filosofi ecc., che, dichiaratamente o no, sono palesemente tratte dall’enciclopedia del web, di stupidaggini, imprecisioni, a volte falsità, se ne leggono diverse e, quel che è peggio, con tutta la buona fede e la fiducia di chi le riporta e di chi ne fruisce, ma, dopotutto, anche questo è un aspetto marcante della nostra società: il “si dice”, “ha detto questo o quello”, “ho letto che” ecc., senza nessuna preoccupazione di verifica sull’autenticità e l’”autorità” e la competenza di chi le enuncia e della testata su cui compare, caratterizzano il nostro mondo dell’informazione, per lo meno quello dei social, ma non solo, con relativi danni, a volte anche piuttosto gravi.

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