COSA È L’ARTE CONTEMPORANEA?

A cosa “serva” e quale sia il “senso” dell’arte è un problema che si sono posti, dalla notte dei tempi, fior di artisti, critici, filosofi, senza riuscire a dare una risposta unica e tanto meno definitiva. Se poi la domanda la si sposta sul “fine” e sul “senso” dell’Arte Contemporanea (sempre ammesso, e non credo, che un “fine” e un “senso” l’arte debba averlo), la questione diviene molto intricata. Anche perché artisti, critici e filosofi sono per lo più degli addetti ai lavori e quindi, inevitabilmente, influenzati dal mercato. Roberto Marchesini è un filosofo non addetto ai lavori, si interessa di tutt’altro solitamente, ma la domanda se l’è posta e cerca di rispondere in queste poche righe, sconcertato anche dalla visione di certe opere, e, forse, la sua proposta di lettura non è così lontana dal vero.

A cosa serve l’arte se non per scuotere, porre delle domande, evidenziare le falle di una società?

JENNIFER FLAY.

Abbiamo cercato, con queste pagine, di ricostruire il significato dell’arte. Abbiamo visto come questa parola sia passata da un significato metafisico e teleologico («Arte è ciò che è fatto come si deve») ad un significato puramente fisico, sensoriale («Arte è ciò che suscita il sentimento del bello e del sublime»). Ma anche questo significato, più riduttivo del primo, non sembra adeguato per quella che viene chiamata «arte moderna» o «contemporanea». Molti suggeriscono che l’arte contemporanea non abbia un fine estetico-sensoriale, ma intellettuale: essa avrebbe la funzione di veicolare un messaggio, che va compreso. Poiché questo messaggio non è immediato, l’arte attuale deve essere spiegata; a differenza dell’arte precedente che aveva un impatto immediato nel fruitore. Questa spiegazione suscita tuttavia notevoli perplessità. Innanzitutto ci sono modi molto più semplici ed efficaci per veicolare un messaggio (ad esempio la parola scritta; non a caso accanto a numerose opere d’arte contemporanea ci sono più o meno comprensibili scritti esplicativi).

Secondariamente va rilevato che il messaggio veicolato (secondo gli autori) dall’arte contemporanea è spesso di una banalità sconcertante, al punto da chiedersi se valga la pena di investire tempo, soldi e fatica a quella o quell’altra opera. Infine e soprattutto, va anche rilevato che il messaggio veicolato da diverse opere d’arte può cambiare a seconda del momento e delle convenienze. L’esempio più noto è fornito da uno dei quadri più celebri al mondo: “Guernica” (1937), di Picasso:

Da buon spagnolo, Pablo Ruiz Biasco y Picasso amava le corride. Fu, dunque, sconvolto dalla tragica morte di un suo beniamino, il famoso torero Joselito. Per celebrarne la memoria, mise in cantiere un’enorme tela di 8 metri per 3 e mezzo, che gremì di figure tragicamente atteggiate, a colori luttuosi. Finita che l’ebbe, la chiamò En muerte del torero Joselito.

Correva però il 1937, in Spagna infuriava la guerra civile e il governo anarco-socialcomunista si rivolse a Picasso per avere da lui un quadro per il padiglione repubblicano all’Esposizione Universale in programma a Parigi per l’anno dopo. Il Picasso (che diventerà, non a caso, uno degli artisti più ricchi della storia) ebbe una pensata geniale: fece qualche modifica alla tela per il torero, la ribattezzò Guernica (dal nome della città basca bombardata dall’aviazione tedesca e italiana) e la vendette al governo “popolare” per la non modica cifra di 300.000 pesetas dell’epoca. Qualcosa come qualche miliardo – pare due o tre – di lire di oggi, che furono versati da Stalin attraverso il Comintern. (V. Messori, Le cose della vita, Milano, 1995, pp. 192-193).

Un altro esempio di messaggio mutevole è dato dalla nota “Montagna di sale” di Mimmo Paladino. La sua installazione a Gibellina (TP) del 1990 e a Napoli nel 1995 significava l’istinto animale, in particolare forza e la passionalità; nel 2011 venne esposta a Milano, in Piazzetta Reale, e il suo significato divenne l’unità d’Italia («In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ho voluto portare il sale dal Sud al Nord»).

Possiamo citare anche l’installazione di Ignazio Fresu intitolata “Oggetti smarriti”, una serie di valigie ricoperte di ruggine: nata per rappresentare «la ruggine che è dentro di noi», in seguito al dramma della morte di numerosi immigrati durante l’attraversamento del Mediterraneo, l’opera diventa un omaggio a questi morti («le valigie degli immigrati sul fondo del mare»).

A questo punto diventa difficile credere in una corrispondenza biunivoca tra l’opera e il suo significato, e di conseguenza all’ipotesi che lo scopo dell’opera sia veicolare un determinato significato. Qual è, dunque, il significato dell’arte moderna e contemporanea?

Nell’ottobre 2014, in piazza Vendome a Parigi, è stata esposta un’opera dello scultore Paul McCarthy: un gigantesco albero di “Natale/sex-toy”. Alle polemiche che l’oggetto ha suscitato, la Direttrice Artistica della Fiera d’Arte Contemporanea Jennifer Flay, che ha organizzato l’installazione, ha risposto con queste parole: «È chiaro che quest’opera è controversa, che gioca sull’ambiguità tra un albero di Natale e un sex toy: non è una sorpresa né un segreto. Ma non c’è alcuna offesa al pubblico ed è abbastanza ambigua per non sconcertare i minori. Del resto ho ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie, dalla Prefettura, al municipio, fino al ministero della Cultura. A cosa serve l’arte se non per scuotere, porre delle domande, evidenziare le falle di una società?».

«Scuotere, porre delle domande, evidenziare le falle di una società». È questo, dunque, il senso dell’arte oggi? A quanto pare, la risposta è positiva. L’obiettivo comune dell’arte dall’Ottocento in avanti sembra quello di infrangere norme morali, civili e religiose; sconvolgere, urtare, sconcertare, disorientare, disgustare, colpire; dissacrare, deridere, banalizzare ogni valore; osare ciò che non è mai stato fatto, innovare ad ogni costo, fare ciò che nessuno ha mai pensato di fare. Questo obiettivo è identico a quello di un pensiero che accompagna la civiltà occidentale fin dai suoi albori: il pensiero rivoluzionario. Lo scopo del pensiero rivoluzionario è insito nel suo nome: produrre un movimento perpetuo, incessante, per il quale non esiste nulla di stabile, definito, identico a sé. Tutto ciò che nasce – questo è il grido di battaglia di ogni rivoluzionario – merita di perire.

L’arte moderna e contemporanea è quindi parte e strumento del pensiero rivoluzionario, e ha come fine distruggere ogni concetto, ogni sicurezza, ogni valore della società occidentale. Solo perché queste cose esistono, meritano di perire.

R. Marchesini, La rivoluzione nell’arte: Una sfida alla bellezza del creato (Italian Edition). Orizzonti Della Conoscenza. Edizione del Kindle, pos. 2937-3000.

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