DIRITTO A NON RISPONDERE.

Per caso, cazzeggiando sul web, sono capitato nel filmato in cui, nel 2003, Fabrizio del Noce diede una “microfonata” a Maurizio Staffelli che voleva consegnargli il Tapiro d’oro, in un ristorante romano. L’allora Dirigente Rai fu condannato per questo a un risarcimento di più di 80000 euro, dove la sentenza recita che “si ritengono pertanto eccedenti i limiti della legittima difesa”, conseguente al solito alternarsi di giudizi da parte delle varie Corti che in primo grado condannarono Del Noce, in secondo Staffelli e in fine di nuovo Del Noce, solita coerenza della giustizia italiana.

Giusto forse, il contatto fisico, lo scontro, la violenza alla fine sono sempre da evitare. Ma, al di là del comportamento di Staffellli che, tra l’altro, apprezzo molto fin dagli anni ’80/’90 quando iniziò la sua carriera, e di quello di Del Noce, è bene considerare le cose come stanno o come dovrebbero stare. Del Noce, che non gode della la stessa mia simpatia, dopo poche battute con l’intervistatore, oltre a rifiutare il Tapiro, aveva chiaramente detto che non voleva rilasciare interviste, che non avrebbe risposto. Quanto è lecita dunque l’insistenza di Staffelli?

Questo fantomatico diritto del reporter viene giustificato con il diritto all’informazione, libertà di stampa, diritto del cittadino di sapere. A parte il fatto che il diritto del cittadino a sapere non dovrebbe riguardare il gossip che sono affari privati, vi sono però dei limiti chiari che dovrebbero essere invalicabili, dovrebbero essere, appunto, perché, a quanto pare, a qualcuno è tutto concesso.

L’insistenza di certi cronisti nel voler ottenere risposte è intollerabile, di fronte a un diniego a parlare, il giornalista non dovrebbe valicare la bolla privata del cittadino inseguendolo, insistendo, facendogli mangiare il microfono e, a volte per fortuna raramente, a spintonarlo. Si parla tanto di importuno, di persecuzione e di stoker; stare davanti a una casa non propria per troppo tempo può generare una denuncia, ficcare il microfono sotto il naso del prossimo, no.

Va ricordato che nel nostro Paese esiste, tra l’altro, un Codice di Procedura Penale che, all’art. 64 c. 3 b, prevede la facoltà di non rispondere. Ora mi sorge la domanda: se il peggior assassino/a, femminicida, infanticida, pedofilo, stragista di fronte al giudice può dire “mi avvalgo della facoltà di non rispondere” e il giudice non procede all’interrogatorio e tanto meno ricorre a insistenze o a violenze e torture (almeno si spera, ma la certezza non c’è), che diritto ha di farlo un giornalista? E alla fine, in nome di che cosa?

Un giudice rappresenta una delle massime cariche dello Stato, in quel momento è lo Stato e davanti a un diniego a rispondere di un imputato, ripeto un imputato, non un libero cittadino, non insiste; un giornalista, intervistatore, reportuncolo telecamerato da una troupe che nulla rappresentano, a prescindere da ciò per cui il personaggio viene intervistato, il quale ha chiaramente detto “non rilascio interviste”, “non voglio parlare”, o un semplice e più cinematografico “no comment”, possono farlo, possono importunare con assillanti insistenze il mal capitato, anzi in caso di reazione di quest’ultimo si prendono pure la ragione, l’indennizzo, e tanti “poverino, poverino, faceva solo il suo dovere”, “in questo Paese non c’è più libertà”. La libertà di chi? Del telecronistuncolo che deve guadagnarsi l’assegno o la fama? Dei cittadini curiosi che se proprio sono interessati possono sempre andare a seguire il processo in tribnale o altro? E quella del singolo cittadino che non vuole rilasciare dichiarazioni dove va a finire?

La conclusione è sempre quella: lo Stato non esiste più, almeno a livello politico, perché la politica non esiste più. Il potere è in mano a altre entità, massmediali, economiche e, soprattutto, tecnologiche e il fatto più triste è ci si deve rassegnare.

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