SCHEDE D’ARTE: SANDRO BOTTICELLI, “NATIVITÀ MISTICA”.

 

S. Botticelli, Natività mistica, tempera s tela, 1501

La Natività mistica (titolo attribuito al quadro solo in tempi più recenti) di Sandro Botticelli, unica opera datata e firmata, eseguita negli ultimi periodi della sua vita, nel 1501, quando ancora era seguace del Savonarola, e oggi conservata a Londra alla National Gallery e proveniente da Villa Aldobrandini, è una delle opere più intriganti e difficili del pittore fiorentino e suscettibile, volendo, di più letture. Intanto ciò che colpisce subito è la sua stranezza, non rispetta cioè l’iconografia tradizionale di tale soggetto e questo, soprattutto, per l’alto valore simbolico che l’artista ha voluto dargli. Si tratta senza dubbio, come di consueto per Botticelli, di un’opera dotta, dove, a prima vista, si può recepire la rappresentazione della solita natività, ma a una più accurata analisi i significati si complicano. Secondo l’interpretazione più diffusa si potrebbero rilevare diversi livelli simbolici.

Intanto sulla sinistra compare un angelo vestito di rosa (quindi un arcangelo) assieme ai Re Magi coronati, come simbolo di sapienza, dall’alloro, mentre sulla destra la veste dell’angelo è bianca, a simboleggiare la purezza. In mano hanno l’ulivo, il simbolo della pace che Gesù porta nel Mondo. Il bue e l’asinello, come al solito, sono simboli del mondo ebraico e di quello pagano.

La figura di San Giuseppe riporta ancora alla sua “passività” nel concepimento del bambino e al suo ruolo di padre putativo, mentre Gesù allarga le braccia verso la madre, quasi a significare la sua apertura verso il Mondo e il suo donarvisi.

Fede, Carità e Speranza, le consuete Virtù teologali, sono simboleggiate dai tre angeli sulla tettoia della capanna che vestono i colori corrispondenti bianco, rosso e verde. Più importante è il libro che reggono tra le mani, per molti l’Apocalisse, poiché questo dipinto alluderebbe alla Parusia, cioè alla seconda venuta di Cristo alla fine del mondo per giudicare i vivi dai morti, mentre il diavolo sarà precipitato nelle viscere della terra, come rappresentato nel dipinto. Ciò sembra confermato dal cartiglio posto in alto, dove in greco si legge: “Questo dipinto sulla fine dell’anno 1500, durante i torbidi d’Italia, io, Alessandro, dipinsi nel mezzo tempo dopo il tempo, secondo l’XI di san Giovanni nel secondo dolore dell’Apocalisse, nella liberazione di tre anni e mezzo del Diavolo; poi sarà incatenato nel XII e lo vedremo precipitato come nel presente dipinto“. Si può notare però come quell’espressione “torbidi d’Italia” si riferisca ai tempi contemporanei al pittore e ciò fa nascere per lo meno il sospetto che il significato vada ben al di là di quanto raccontato da San Luca o dallo Pseudo Matteo nei Vangeli.

Gli angeli in cerchio sotto il cartiglio indicherebbero in senso allegorico la danza della vita intesa come rigenerazione spiritale. Hanno in mano plichi e rametti di ulivo, simbolo di pace, e da cui penzolano corone simbolo della regalità del bambino. La semisfera dorata che li sovrasta indica le sfere celesti e la divinità del pargolo. Il boschetto che circonda la capanna con un moto circolare ispira protezione alla sacra famiglia.

In basso i tre angeli in primo piano vestiti di verde, bianco e rosso (le Virtù teologali) abbracciano omini coronati di alloro, l’arte e la cultura che si coniugano alla virtù, quasi una riconciliazione tra il mondo dell’umano (siamo in pieno Umanesimo) e il divino, mentre sotto alcuni diavoli e esseri grotteschi sprofondano nella terra, negli inferi, simbolo del definitivo trionfo della verità portata da Cristo, la venuta dell’era della verità e della pace.

Tutto ciò per quel che riguarda la simbologia e la sua decifrazione, ma non è l’unica interpretazione avanzata, e l’importanza di quest’opera va ben oltre questi dati. La prima cosa che si può notare, contrariamente a tutta la tradizione della prospettiva rinascimentale, è che qui Botticelli torna “indietro”, si rivolge alla pittura “antica”, nel linguaggio dell’epoca, cioè al gotico. C’è innanzi tutto un ordine gerarchico, la Madonna, benché lontana è più grande degli angeli in primo piano, in quanto maggiore è la sua importanza all’interno della composizione. Vi è il tentativo di riproporre valori di una religiosità precedente al rinascimento, un recupero che Sandro evidentemente viveva e sentiva, come d’altronde testimonia anche la sua adesione alla predicazioni del Savonarola, vero mattatore delle nuove idee che si erano diffuse a Firenze. Tuttavia la sua non è un’imitazione del gotico. Botticelli ne usa il particolare linguaggio per comporre un’opera moderna, un po’ come fece Picasso quando adottò la scultura africana primitiva per lanciare un novo linguaggio con Les demioselles d’Avignon.

Botticelli non fu ascoltato o forse capito a fondo e la storia della pittura prese un’altra strada. Il perché non è facile da capire, certo non si può sottovalutare il fatto che la sua era una pittura dotta, difficile e che nello stesso periodo operavano Michelangelo e Leonardo, che avevano invece intrapresero la strada della rappresentazione rinascimentale, conducendola agli esiti massimi che conosciamo. Facile quindi intuire come gli artisti che vennero dopo trovarono più agevole e più propizio imitare questi ultimi piuttosto che una pittura difficile, che andava spiegata, capita nei suoi minimi risvolti. Insomma ciò che prese piede fu la “maniera”, per dirla con Vasari, la quale, se si fa eccezione per i maggiori rappresentanti del manierismo stesso, seppe cogliere forse solo gli aspetti più esteriori e spettacolari, diremmo oggi, dell’arte dei tre massimi pittori rinascimentali, appunto Michelangelo, Leonardo e Raffaello.

Ciò non toglie che la pittura di Botticelli, anche se poi riscoperta e rivalutata per ciò che effettivamente è stata solo diversi secoli dopo, rappresenti uno degli esiti massimi dell’arte mondiale e non solo rinascimentale, tanto da porsi, se si vuole, nell’ambito del periodo in cui si è manifestata, quasi come un’avanguardia.

 

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