EDUCAZIONE

EDUCAZIONE

(da Il RE è nudo, pp. 18-22)

“La natura umana non è una macchina da costruire secondo un modello e da regolare perché compia esat- tamente il lavoro assegnato, ma un albero, che ha bi- sogno di crescere e di svilupparsi in ogni direzione, se- condo le tendenze delle forze interiori che lo rendono una persona vivente”.

John Stuart Mill

 

Legata alla moralità, tra le tante cose, c’è senza dubbio l’educazione. Oramai siamo talmente presi e suggestionati dall’economia e dalla tecnica che, a partire almeno da Marx e dalla sua concezione di educazione prevalentemente tecnica, siamo portati a identificarla con il lavoro futuro dei giovani, con il progresso economico, tecnico e scientifico e a concepirla come un mezzo per ottenerne benefici prevalentemente economici e di status. Cioè quello che maggiormente preoccupa i politici. Ma l’educazione è ben altro.

Hitler, e poi Stalin, avevano capito che controllando l’educazione è possibile controllare la società, e in questo senso hanno una ragion d’essere le parole di August Strindberg quando dichiara che “L’educazione fa di ciascuno di noi un pezzo dell’ingranaggio e non un individuo”, in altri termini una simile educazione mira più che altro a sviluppare le persone non come dei fini indipendenti, ma come dei mezzi per il raggiungimento di un benessere economico, o per gestirle con più efficacia.

 

Ma allo stato attuale ciò che sembra rendersi più che altro necessaria è, tuttavia, una comunità di individui che non siano solo dei tecnici inseriti in un meccanismo uniformatore e conformistico, ma liberi e autonomi, in grado di pensare e di proporre novità nel tentativo di progredire. Oramai, nel mondo contemporaneo, ma si può dire da sempre, e si pensi al Rinascimento, una persona può dirsi completa se è capace e possiede i requisiti, per organizzarsi in una visione globale del mondo, compreso quel senso di solidarietà che si è reso indispensabile al giorno d’oggi.

L’educazione deve essere in grado di condurre l’individuo a una condizione culturale e mentale che lo elevi al di sopra della considerazione univoca del proprio io o della propria ristretta comunità, a favore di una visione globale che dia la possibilità di accedere a tutte le prospettive che gli si aprono davanti.

In pratica una educazione olistica, come si direbbe oggi, capa- ce di integrare le conoscenze e le esperienze, interculturale e pluriculturale a livello globale, idonea a muoversi nel presente, ma anche nel passato e guardare al futuro.

Ciò sarebbe forse possibile se si riprendesse in considerazione la concezione di educazione liberale, che prevede accanto allo studio della tecnica e della scienza, quello, fatto in maniera appropriata e non nozionistica, del patrimonio artistico, letterario e filosofico.

L’educazione liberale, così come si è sempre intesa, negli ultimi decenni ha perso la propria vigoria, specie nei paesi anglo- sassoni ai quali, forse troppo spesso, anche i nostri legislatori fanno riferimento. Per poter recuperarla in tutto il suo senso occorrerebbe uscire dalle concezioni attuali di morale. Questa infatti viene intesa riferita soprattutto, se non esclusivamente, ad alcuni specifici aspetti della vita dell’uomo, quali quello comportamentale, relazionale e caratteriale, con un accento particolare su determinati

 

atteggiamenti come quello sessuale, politico, sociale, religioso e interpersonale.

In realtà la morale dovrebbe essere collegata con ciò che siamo soliti, o almeno così era nei tempi passati almeno fino al XVII se- colo, chiamare etica, e cioè un comportamento che investe tutta la persona; infatti tutto ciò che l’uomo fa per se stesso, come influisce e si relaziona con gli altri e con il mondo, dipende dal suo modo di comportarsi.

La prima conseguenza di una tale concezione è che nella vita è indispensabile la capacità di riflettere e questa è possibile solo se un individuo è bene informato e in possesso di una almeno discreta cultura. Naturalmente non una cultura basata solo su elementi tecnici e scientifici (tantomeno costruita sui documentari di Sky), seppur nel senso vago del termine, ma capace di muoversi abilmente anche tra problematiche di carattere letterario, artistico e umanistico in generale.

Sono queste le discipline al cui ammaestramento dovrebbe corrispondere la possibilità per l’individuo di affrontare la vita in maniera più riflessiva, prendendo coscienza di quelle che sono le esperienze umane e i sentimenti che li nutrono, con un riguardo anche per le esigenze e il pensiero degli altri nella prospettiva di comprenderle, valutarle, accettarle, condividerle, tollerarle o anche opponendosi, ma sempre nel rispetto della libertà di espressione e delle scelte etiche che i singoli possono operare.

Sembra una favola, la cosa più naturale e semplice del mondo, ma non è così. Infatti nulla esclude, anzi se ne può avere una più che sufficiente certezza, che uno Stalin ascoltasse Stravinskj, che i gerarchi nazisti leggessero Heine o che Pino Chet ammirasse Matta, ma nulla ha vietato poi che ordinassero e compissero le più feroci stragi, che adottassero la tortura come mezzo usuale di coercizione e di persuasione. Niente lo impedì allora e non lo proibirà oggi né mai.

 

L’educazione si scontrerà sempre, come del resto la morale in- tesa nel senso più generico del termine, con ciò che rappresenta poi l’indole personale, il carattere e la propria situazione psichica. Un sadico lo si può introdurre a una educazione liberale anche rigorosa, ma rimarrà sadico. Piuttosto bisognerebbe curarlo. Però in situazioni diciamo normali, certo un’educazione che abbracci anche i campi dell’umanesimo allo stesso modo di quelli scientifici e tecnici aiuterà l’individuo molto di più che l’ignoranza e l’insensibilità.

A ciò, a un ammaestramento e a una presa di coscienza della realtà sensibile del mondo, concorre anche la spiritualità. Non l’insegnamento religioso così come è sempre stato concepito, cioè l’indottrinamento a una religione in particolare, quando addirittura a una confessione, cosa che nutre sempre in maniera sotto- cutanea la possibilità di integralismi e intolleranze, ma una conoscenza delle varie esperienze spirituali, del loro significato e della loro collocazione storica. In altre parole un insegnamento in cui si presenti la sostanza dei magisteri spirituali di tutto il mondo nel tentativo di illustrare e far comprendere la portata universale co- mune che simbolizzano, esprimono e praticano in modi diversi.

Può apparire una cosa impossibile conciliare tutto ciò, rendere l’educazione, anche attraverso le varie discipline, indipendente- mente che si tratti di scienza o umanesimo, un ammaestramento al libero pensiero critico e non solo una preparazione, un addestramento al futuro lavoro, ma in realtà non lo è, e non sarebbe una situazione nuova.

Ad esempio la matematica o le matematiche conservano un eccezionale potenziale che, anche se insegnate con i tradizionali metodi accademici, possono abituare e indurre il fruente al ragionamento. Ma ciò può essere fatto anche attraverso lo studio della musica e delle lingue antiche, tanto che qualcuno ha infatti definito la musica una matematica sensibile capace di produrre

 

nell’individuo a livello intuitivo ciò che la matematica induce a quello razionale.

Si è soliti, in fine, ritenere l’educazione qualcosa che riguarda la scuola, gli educatori, i genitori e rivolta in particolare e quasi esclusivamente, per molti, ai giovani e giovanissimi, nel tentativo di insegnare loro come dovrebbero comportarsi – se non pensare

– da adulti. Un errore per altro già segnalato dal Leopardi quando scriveva: “Il gran torto degli educatori è il volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità, che la vi- ta giovanile non differisca dalla matura, di voler sopprimere la differenza dei gusti e dei desideri; di volere che gli ammaestra- menti, i comandi e la forza della necessità suppliscano all’esperienza”.

Ma il problema reale e urgente è che, al giorno d’oggi, non ci troviamo più a seguire o a insegnare (ammesso che un’educazione si possa insegnare), una vera e propria educazione, ma un ammaestramento che mira a scopi ben precisi, per lo più di carattere economico e occupazionale, certo molto importanti, ma in questo modo si rischia di trascurare qualcosa che lo è altrettanto.

Intanto l’educazione in realtà non finisce mai, continua per tut- ta la vita, secondo diversi livelli e trasformandosi con il mutare del tempo. Soprattutto dovrebbe però formare individui pensanti, che sappiano interrogarsi sulla realtà che hanno attorno e capaci di formulare delle risposte, più o meno esatte o pertinenti, che non si limitino al sentito dire, o quel odioso atteggiamento così diffuso oggi per il quale ciò che dice il telegiornale è reale, e quindi vero, e quindi giusto, spesso a priori.

Si pensi a quanto ciò sia importante per quei problemi che appartengono alla sfera politica, sociale o morale. Tutti i giorni ci si scontra con essi e non solo quando divengono nazionali, ma anche nella vita quotidiana, come l’ufficio, la scuola, dilemmi e contrasti che ci sono sempre stati e sempre ci saranno.

 

Un’educazione che tale si voglia definire, in conclusione, deve mirare a creare delle persone informate, riflessive, capaci di critica e di porsi domande e tentare di dare risposte, poiché è innegabile che un tale individuo ha maggiori possibilità di barcamenarsi, di emergere e anche di eccellere, insomma di vivere meglio e di contribuire alla crescita sociale, che uno in possesso di una tecnica ineccepibile in un determinato settore, ma ignorante, intollerante, di vedute ristrette, chiuso in un proprio mondo di formule, incapace di comprendere il mondo che lo circonda e le trasformazioni, sempre più accelerate che lo caratterizzano.

La tecnica, l’economia non sono tutto, anzi sono elementi che vanno trattati e considerati attentamente e con cautela. Ad esempio, per essere fedeli ai tempi attuali, si ritiene che un buon governo, una buona politica e un buon politico siano quelli che, se eletti democraticamente, garantiscono la forza e il proliferare dell’economia e del benessere. Non ultimo il caso Trump negli USA, eletto a sorpresa a furor di popolo e con la disoccupazione in forte ribasso. Eccellente politica. Grande politico.

Forse pochi però si ricordano, o non vogliono ricordare, che nel 1932 Hitler salì al potere con regolari elezioni voluto dal Po- polo Tedesco, maggioranza e consenso che detenne fino almeno al ’40, e che l’economia del Terzo Reich si risollevò fino al ’39 grazie allo sforzo delle industriale belliche e dei cantieri per le opere pubbliche, utili a celebrare la potenza della nazione, fino a diventare praticamente la prima al mondo e con disoccupazione quasi nulla, mentre le altre nazioni cercavano di uscire dal panta- no della crisi del ’29. E qualcuno avrebbe il coraggio di affermare che quella nazista era una buona politica e Hitler un governante savio? Non è questo un paragone frutto di un’iperbole, ma la deduzione logica di molti, di coloro educati solo in una cultura tecnica fine a se stessa.

 

1 commento su “EDUCAZIONE”

  1. Alessandra Arceci

    Bell’articolo che induce a importanti. riflessioni. Voglio illudermi, sperare che riflettere ed educare a riflettere, fermandoci ogni tanto, rallentando e concedendoci il lusso del pensiero, del buon pensiero, qualcosa potrebbe cambiare. Leggere aiuta. Quando si legge ci si ferma, si pensa, ci si predispone ad un altro sentire.

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