QUALCHE VOLTA RITORNANO.

Qualche volta ritornano. I libri voglio dire, quelli che si sono letti, più o meno, tanto tempo prima, che si sono sentiti e si sentono citati di continuo sui mass media, durante le ricerche letterarie o artistiche. Sì, certo, cita questo, cita quello. Poi ci si accorge che poco si ricorda di quei testi letti in gioventù, il più delle volte in raccolte antologiche, o per sommi capi o, peggio, perché costretti a farlo dall’interrogazione o dal compito in classe imminente.

Una frase tra virgolette in un libro di Galimberti: “Uccidere le tue creature: ne avrai il coraggio?” Ancor prima di voltare pagina qualcosa è scattato: “Ma questo io lo conosco! Cos’è?” Poi l’illuminazione Medea, Euripide.

Così è iniziata la voglia di andare a rivedere quei testi e, più o meno in un anno, con ritmi blandi e letture alternate, ho riletto il teatro greco, Euripide, Sofocle, Eschilo, l’Iliade nella traduzione del Monti, forse per nostalgia verso il vecchio caro Risveglio Epico, l’Odissea, traduzione moderna, dopo il primo canto nella versione del Pindemonte mi sono arreso, poi Ovidio, Le Metamorfosi e Cicerone, Sulla natura degli dei. È chiaro che già dai titoli si capisce che le letture sono state un po’ mirate dal il mio interesse personale verso il mito e il simbolo, ma cambia poco.

Quello che mi ha colpito, a parte la bellezza artistica dei testi, l’invenzione incredibile che li sostiene, è stata la loro attualità. Leggendo bene, anche se si parla di miti, di eroi, di dei, di cose meravigliose, man mano che ci si addentra, specie per quanto riguarda i sentimenti e la psicologia umana, viene subito alla mente che poco o nulla è cambiato da allora, e, se qualcosa è mutato, è piuttosto il modo di raccontare le cose, le situazioni. Gli eroi, gli dei, le donne che sono spesso motore di tutta l’invenzione scenica o narrativa, come Medea certo, ma anche Antigone, vera incarnazione della trasgressione verso la tradizione e la legge dell’uomo e degli dei, la rabbia e l’invidia, la violenza e l’intrigo che popolano gli abitanti dell’Olimpo, tutti sentimenti umani tra l’altro, riescono attraverso la “finzione” narrativa a calare il lettore in un’atmosfera mitica, i cui risvolti fanno però immediatamente riflettere sulla condizione umana, sul suo eventuale senso e sul mondo che ci circonda, sul predominio della tecnica ad esempio, a partire dallo sgarro di Prometeo verso Zeus, donatore della tecnica all’uomo dopo che il fratello Epimeteo aveva esaurito il proprio repertorio di regali “istintivi” al resto degli animali terrestri.

E la violenza, esplicita e cruda come è nella realtà, verso gli altri, nemici e non solo e verso se stessi, tanto che oggi sarebbe censurata ad esempio in un film con un bel “Vietato ai minori di 14 anni” con tanto di bollino rosso accanto al titolo, e per rendersene conto basterà leggere il breve passo in cui Edipo si strappa gli occhi con delle fibbie.

Ora vorrei lanciare una provocazione. Sono convinto che la maggior parte della gente, compresi i giovani, non pensano neppure di avvicinarsi a testi come questi per un semplice motivo: perché sono, in un modo o nell’altro, ritenuti scolastici, cose che si studiano a scuola, il luogo dove più di ogni altro, forse per questione di metodo, si riesce a far odiare la poesia e la letteratura in generale, quando non la filosofia e l’arte e, cosa obbrobriosa per molti, di cultura così detta “alta”. Salvo il fatto che quando poi divengono un colossal con tanti di effetti speciali e Brad Pitt che di Achille non ha neppure la statura, la fila al botteghino è chilometrica, nonostante la storia e spesso il senso, siano completamente stravolti.

Tutto ciò mi fa riflettere. Perché non cercare di avvicinare di nuovo i lettori, perlomeno i pochi rimasti, compresi i più giovani, che poi si impallano di fantasy, a queste opere d’arte? Certo, si dirà, ma come? Difficile a dirsi, ma forse se li si proponesse in traduzioni moderne, perché no, romanzate, ma senza tradire il testo originale per quanto possibile, anche evitando versioni a dir poco incomprensibili come quelle che leggo sull’antologia della scuola media che frequenta mia figlia e che necessitano di una ulteriore traduzione (mi viene a tal proposito sempre in mente la traduzione di Sanguineti del Satyricon, bell’esercizio linguistico-sperimentale, ma poi?), e presentandole non vestite dell’alone culturale di cui sono portatrici, ma semplicemente come storie da leggere, non potrebbe funzionare? Lasciamo perdere che è Omero, Ovidio o Petronio, e presentiamole come storie da leggere, con cui passare il tempo, al pari di chissà quale sagra, che sia di Narnia o del Trono di spade. Poi se ne viene qualcosa di più, tanto meglio.

Forse funzionerebbe. Che ne pensate?

1 commento su “QUALCHE VOLTA RITORNANO.”

  1. alessandra arceci

    Storie da leggere….senza aggiungere altro. Bellissimo e seducente. Noi docenti dobbiamo sedurre, nel senso più alto del termine. Volare alto e far volare alto. Le storie dei miti possono farlo.

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