PREVISIONE O PREDIZIONE?

In questi ultimi tempi si sono sentite opinioni affermare che la scienza, o meglio gli scienziati, hanno mentito, tradito, si sono contraddetti di continuo, creando confusione e al fine di raggiungere propri scopi. I più arditi, lungimiranti o psicotici tra i critici, a seconda dei punti di vista, hanno gridato al “grande complotto” ordito da potenze occulte, di cui poi mai nessuno è riuscito a fare nomi e cognomi o a indicarne la provenienza, sicuramente non per il fatto che sono solo fantasie, ma perché, naturalmente, è “troppo rischioso farlo”. Sta di fatto che tutto ciò è stato in prevalenza creato da un fraintendimento, o forse ignoranza, diffuso e cioè nel fatto che non è chiaro il concetto di scienza. La scienza ormai da qualche secolo si è sostituita, o ha tentato di farlo, a quella che era la “verità” nel senso filosofico del termine (epistemico), incontrovertibile, a priori e in qualche modo assoluta. Ma si è dovuta ricredere e ha assunto un aspetto ipotetico, come in effetti deve essere.

In altre parole non si può parlare di scienza esatta, neppure la matematica lo è, ma di scienza che formula delle ipotesi. Il metodo sperimentale, quello di Galileo con le dovute evoluzioni e correzioni che ne sono venute, si basa appunto sullo sperimentale. Parte da una teoria e cerca la conferma attraverso l’esperimento.

Tralasciando tutti i problemi che girano attorno alla scienza e alla sua interpretazione (concezione ingenua, induzione, inferenza, falsificazionismo ecc.) è bene tenere presente una cosa, e cioè che la scienza, la quale si propone alla fine di creare un mondo sempre migliore per l’uomo con lo scopo di sconfiggere il dolore e la morte, può essere in grado di fornire delle previsioni, ma non delle predizioni. Essa, la scienza, è “ipotetica, revisionabile, fallibile” (Severino), e in quanto tale la si deve considerare. Le previsioni della scienza rimangono probabilistiche. Questo vuol dire che nel caso di una scoperta, ad esempio un vaccino o come lo si voglia chiamare, tanto per restare attaccati all’attualità, essa formula delle ipotesi per il futuro su base statistica e previsionale contando sul fatto che la natura, solitamente, ha un andamento e un comportamento abbastanza regolare. Ciò non vuol dire però che fatti casuali, sconosciuti, o valutazioni non propriamente esatte ecc., non possano variare il panorama e l’orizzonte delle previsioni, ponendo i ricercatori nelle condizioni di formularne altre che, a loro volta, possono essere di nuovo smentite e riformulate. Questo finché non si raggiunge un grado sufficiente di certezza.

Questo significa che quando i ricercatori e la comunità scientifica correggono il tiro, ad esempio: il vaccino immunizza poi non immunizza, ma protegge dalla malattia grave, ci vogliono due dosi poi tre, poi quattro, non si sono contraddetti, non sono stati falsi o subdoli facendo il gioco del mercato farmaceutico o al soldo di qualche fantomatico ordine mondiale occulto che mira al potere planetario sterminando la popolazione stessa (che poi nel caso del covid manca anche di logica: perché sterminare la popolazione anziana e fragile e mantenere quella giovane che si può opporre? E perché sterminare i bambini con il vaccino se proprio loro saranno gli immaginari sudditi condizionati e condizionabili del nuovo ordine mondiale?), ma, sulla base dei dati sperimentali e statistici nuovi che man mano emergono si sono corretti, se si vuole hanno corretto un eventuale errore della previsione che è una cosa diversa dalla predizione, la quale, quest’ultima, ha un aspetto religioso o, mi sembra più opportuno nel caso specifico, superstizioso o magico.

Queste sono nozioni base che anche un liceale ha, o dovrebbe avere, e è chiaro che il problema è ben più vasto e complesso. Ma non sono uno scienziato e tanto meno un filosofo, accademico o da palcoscenico con i capelli e gli occhiali alla moda, il viso curato e giovanile e uno sguardo di chi sa di essere la verità in persona, il sapere onnisciente, per cui non mi spingo in ulteriori precisazioni. Per chi volesse approfondire di seguito riporto alcune annotazioni di Emanuele Severino sull’argomento, dove si entra nel problema spiegandolo più nel particolare, facendo cenni anche alla “teoria dei quanti” che sta alla base, forse più della stessa “relatività”, di questo mutamento di ottica, di questa presa di coscienza delle scienza attorno se stessa, che caratterizza il nostro tempo.

Emanuele Severino, La filosofia dai greci al nostro tempo – La filosofia contemporanea (Italian Edition), (pp. 215-224). RIZZOLI LIBRI.

Il tramonto dell’epistéme è un evento che non si manifesta soltanto nell’ambito del pensiero filosofico. All’opposto, è un evento che investe l’intera civiltà occidentale. La filosofia, in quanto epistéme, è diventata infatti un poco alla volta il terreno, lo sfondo, l’atmosfera in cui sono andati via via manifestandosi i grandi fenomeni della storia dell’Occidente: fenomeni religiosi, culturali, politici, economici, dove in modi diversi vengono affermate strutture, forme, convinzioni, istituzioni, concepite appunto come immutabili, assolute, definitive, incontrovertibili – concepite cioè secondo i caratteri tipici dell’epistéme. Si pensi al carattere immutabile, definitivo e assoluto, che lungo la storia dell’Occidente viene conferito al contenuto della fede cristiana, ai costumi morali, agli ordinamenti politici, economici, giuridici di volta in volta dominanti, alle leggi della natura, ai criteri del bello e del brutto. In ognuno di questi casi, l’immutabilità, assolutezza, definitività di tali strutture è il rispecchiamento – o il prolungamento, l’applicazione – del significato che l’epistéme conferisce alla verità: il significato epistemico della verità diventa il presupposto e il terreno in cui viene concepita la verità religiosa, morale, politica, economica, giuridica, estetica, ecc.

Il tramonto dell’epistéme si rispecchia anche nel modo in cui, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del nostro secolo, la scienza moderna viene a concepire sé stessa. Si è già rilevato che se la scienza moderna, in quanto scienza sperimentale, assume come oggetto aspetti particolari della realtà, tuttavia essa, sin dalla sua nascita, intende essere epistéme e anzi, spesso, l’epistéme autentica, in contrapposizione alle pretese epistemiche della filosofia. Ebbene, il tramonto dell’epistéme è anche trasformazione del modo in cui la scienza moderna intende sé stessa: anche la scienza rinuncia ad essere epistéme e si propone come scienza non definitiva, non incontrovertibile, non assoluta, cioè come scienza ipotetica, revisionabile, fallibile (corsivo mio), ossia come quel tipo di conoscenza che i Greci contrapponevano all’epistéme e chiamavano dóxa, opinione, congettura.

Uno dei maggiori filosofi della scienza contemporanei, Karl Popper (cfr. cap. XIX, § 13), scrive appunto che il modo tradizionale con cui la scienza moderna ha inteso sé stessa, ossia «il vecchio ideale scientifico dell’epistéme – della conoscenza assolutamente certa, dimostrabile – si è rivelato un idolo» (K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, tr. it., Einaudi, Torino 1970, p. 311); le teorie scientifiche «sono, e restano, delle ipotesi, sono congetture congetture (dóxa), contrapposte alla conoscenza indubitabile (epistéme)» (K.R. Popper, Congetture e confutazioni, tr. it., Il Mulino, Bologna 1972, p. 180). (…)

Il carattere non deterministico della fisica quantistica è fondato sul “principio di indeterminazione”, formulato da Werner Heisenberg (1901-1976; cfr. Nbb 2) nel 1927. Esso afferma sostanzialmente che è per principio impossibile misurare con precisione, e contemporaneamente, la posizione e la velocità delle particelle della materia. Se si riesce a determinare con precisione la posizione di una particella, la sua velocità non può essere stabilita con altrettanta precisione, e cioè rimane indeterminata, e viceversa. Alla base di questo principio agisce la consapevolezza che l’operazione con cui si misura la posizione e la velocità di una particella è una quantità di energia che influisce sul comportamento della particella stessa. Pertanto, quando l’operazione di misura riesce a stabilire con precisione la posizione della particella in un certo istante, tale operazione altera e rende indeterminata la velocità che la particella possiede in quell’istante, e, quando invece riesce a stabilire con precisione la velocità, altera e rende indeterminata la posizione della particella. L’impossibilità di misurare contemporaneamente velocità e posizione non è dovuta semplicemente all’imperfezione degli strumenti di osservazione, ma è una impossibilità di principio, perché l’energia impiegata per l’osservazione non può essere inferiore al quantum di energia, cioè alla quantità minima di energia, non riducibile, scoperta da Max Planck (1858-1947). E il quantum di energia produce sempre un’alterazione del campo in cui esso si esplica. (Per la fisica quantistica l’energia non è un flusso continuo, ma è appunto un’emissione di quantità minime, non ulteriormente riducibili, di energia – una sorta di pulsazione.) D’altra parte, la fisica quantistica tien fermo in modo radicale il principio, già presente nella teoria della relatività, che solo i contenuti osservabili possono essere affermati. Pertanto, che velocità e posizione di una particella non possano essere contemporaneamente misurabili, cioè osservabili, non esprime semplicemente la non osservabilità di qualcosa peraltro esistente in sé stesso, ma esprime l’inesistenza di ciò che non può essere osservato. Non si tratta semplicemente del fatto che non è possibile misurare uno stato del mondo (cioè il rapporto tra velocità e posizione delle particelle in un certo istante) che peraltro sia in sé stesso completamente determinato: è lo stesso stato del mondo ad essere in sé stesso indeterminato (relativamente alla velocità o alla posizione delle particelle).

Se si tiene presente che per il meccanicismo deterministico la previsione infallibile del futuro è resa possibile dalla conoscenza della legge che indica di quale effetto è causa un certo stato del mondo, e che tale legge si fonda sulla determinatezza degli stati del mondo, ne viene che dalla indeterminatezza di tali stati segue la radicale impossibilità di prevedere infallibilmente gli stati futuri del mondo. Impossibilità della previsione epistemica.

L’impossibilità di ogni previsione infallibile non significa, per la fisica quantistica, la rinuncia ad ogni previsione e ad ogni legge, ma significa la sostituzione delle leggi deterministiche con leggi statistiche o probabilistiche, e la sostituzione delle previsioni infallibili con le previsioni probabili. Il concetto di legge statistica aveva già fatto la sua comparsa nella teoria cinetica dei gas, formulata da Ludwig Boltzmann (1844-1906) e per la quale un gas è formato da un numero elevatissimo di particelle (molecole) in continua agitazione. Il comportamento del gas (pressione, temperatura) è la risultante del comportamento delle singole molecole, e poiché tale comportamento è imprevedibile, perché è praticamente impossibile analizzare uno ad uno i movimenti delle molecole, il comportamento della massa totale delle molecole potrà essere previsto solo in base ai principi del calcolo delle probabilità. Poiché la variazione della temperatura del gas è determinata dalla variazione della velocità delle molecole che lo formano, la legge che il gas più caldo cede calore a quello più freddo non potrà avere un valore deterministico, ma solo un valore statistico-probabilistico (che quindi non esclude che il gas più freddo possa cedere calore al gas più caldo).

Il calcolo delle probabilità è l’“arte di congetturare” (Ars conjectandi è il titolo dell’opera di Jakob Bernoulli, 1654-1705, uno dei maggiori studiosi di questo tipo di calcolo), ossia è l’arte di prevedere in condizione di incertezza oggettiva: l’arte di prevedere eventi che, come quelli che si verificano nei giochi d’azzardo, non si lasciano raggiungere dall’epistéme e la cui previsione è quindi opera di un’“arte”, cioè di un’attività guidata da regole che non intendono valere come verità incontrovertibili. Ma tra le leggi probabilistiche della teoria cinetica dei gas e le leggi probabilistiche della fisica quantistica c’è una differenza essenziale: le prime sono usate in relazione a una situazione di incertezza, che dal punto di vista della teoria cinetica dei gas, potrebbe essere superata dal perfezionamento degli strumenti di osservazione – incertezza dell’osservatore, dunque, in relazione a una dimensione (i movimenti delle molecole dei gas) concepita come pur sempre sottoposta a leggi deterministico-meccanicistiche; le seconde, invece, non sono correlative a una situazione contingente dovuta alle incertezze dell’osservatore e quindi superabili in linea di principio, ma sono correlative all’incertezza e all’indeterminatezza della realtà stessa, e quindi la previsione scientifica perde definitivamente ogni carattere di infallibilità, per acquisire quello di maggiore o minore probabilità. La previsione epistemica cede il passo, nella fisica contemporanea, alla previsione ipotetica, statistica, probabilistica. L’epistéme tramonta e, anche all’interno della fisica, la legge scientifica si presenta come dóxa, opinione, congettura più o meno probabile.

Anche nella fisica l’imprevedibilità del divenire implica dunque la distruzione dell’epistéme. La fisica quantistica porta alla luce un mondo in cui non esiste alcun nesso necessario tra il passato, il presente, il futuro. In questo senso, il principio di indeterminazione implica la negazione del principio di causalità. Il nesso necessario implica infatti la determinatezza degli stati del mondo legati da tale nesso; ma tale determinatezza è precisamente ciò che viene rifiutato dalla fisica quantistica. Ogni stato del mondo è separato da quelli che lo precedono e che lo seguono, nel senso, appunto, che non sono uniti da alcun legame necessario. Il divenire del mondo è casuale (perché un qualsiasi stato del mondo può essere preceduto o seguito da un qualsiasi altro stato) e le leggi probabilistiche hanno appunto il compito di prevedere il caso. Il caso, infatti, è il carattere che il divenire deve possedere dopo la distruzione dell’epistéme: se l’epistéme non esiste, cioè non esiste un Senso fondamentale a cui tutto deve adeguarsi – e nel meccanicismo tale Senso è lo stato iniziale del mondo –, gli stati del mondo che via via sopraggiungono provengono dal niente e quindi la loro conformazione, come il loro stesso sopraggiungere, non è conforme ad alcuna legge necessaria, ossia è assolutamente casuale”.

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