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Negli ultimi tempi ho frequentemente sentito parlare e letto di scuola e pedagogia, idee, proposte e, soprattutto, giudizi e critiche, spesso fantasiose per la loro irrealizzabilità, sovente avanzate da persone che di scuola e di educazione, per non dire di pedagogia, non sanno nulla e che mai sono entrati in diretto contatto con quella realtà. A tal proposito mi è tornata in mente una poesia, una lunga poesia, di Andrea Zanzotto che narra la propria esperienza e che, mi sembra, già nel 1973, aveva colto molti degli aspetti che sono oggi in discussione. Capacità del poeta di guardare e sentire in avanti e di saperlo esprimere in maniera, magari di non agile comprensione, se mai una poesia può essere difficile da capire, ma artisticamente bella.
Andrea Zanzotto
Da, I misteri della pedagogia, 1973
Il Centro di Lettura.
Distinguere un poco raccogliere mettere da parte
per dirne bene: in tutto:
rigirando bene tutto sotto la lampada…
Qui si somministra la dolcissima linfa del sapere
anche ad ore impensate
e i fanciulli e i vecchi suggono
è certo che apprendono al Centro di Lettura:
e si imparte e comparte la vivanda
si tira l’orecchio al distratto
si premia e si castiga con frutto
usando onniveggenza; si offre più d’un documento
a bene pregiare la vita e tutto
(ora che in crepuscolo e dono è tutto:
non forse timbri e toni
nel senso dell’aggiustamento?)
Meli pieni di pioggia e di fiori
di sempre, di sempre,
adoranti, quanti <<sempre!>>: e dissero:
in sognolìo e luminìo di primavera
pioggia a filo a filo a filo
ribadita e grigie e gridi e forme –
una sera un crepuscolo ciondola intorno
mi ciondola testa e
sugli habitat è quasi festa
il profitto qua e là mangiucchia
qua e là ammucchia e tutto
rientra in questo ehi! anzi racconto
di cui vado accennando e poi accentuando
i trucchi le risorse le voglie d’avvicinamento…
come – se fosse vera – sul bilico di una selva
di meli in pioggia
lo scoppiettare di un trattore verso la carraia
Io vengo da abbastanza lontano
salgo in cattedra al Centro di Lettura
ci sono i bambini le ragazze delle medie
la vecchia maestra Morchet,
parlo di Dante: che bravi che attenti,
oh lui, quello sì, Dante!
in cattedra nel luogo dei meli e delle viti
nel pozzo delle delizie grigie.
E la maestra Morchet: << Lume non è se non vien dal sereno
che non si turba mai >>
cita, dalla sua sedia a destra della cattedra,
cattedra da cui si parla di Dante,
<< Bravissima, signorina:
luce non è che non venga da quella >>.
Tre bambine un po’ lolite certo apprendiste magliaie
nove scolari fra elementari e medie
certo un operaio; nell’armadio ci sono
bei libri qui al Centro di Lettura
niente di marcio niente d’impostura
– anche moderni, si assicura – e
che benefit che gratificazione da qui
il Ministero della P.I.
<< Lume non è che non venga >>.
Il tizzone l’hai visto, nel brolo?
Fumava nelle lanugini fumava nel rotto.
E i bachi li hai visti serificare
da tutto il loro immenso ghiotto?
Era il paragone famoso
per me: frivolo e solo
a leccornie attento: ma se questa stessa
fosse quasi didascalia
piena di passi in cammino
piena di stonature accettabili come le
gocce d’acqua di melo
gocce di fiori di melo piene …
Primavera baco e natura
da troppo in ambage
fuori dal Centro di Lettura
vanno in bosco vanno in muda
vanno in vacca dormono nella quarta
e noi al Centro invece – oh notte –
siamo con Dante e la maestra
e il maestro reggente e gli uditori
alla questua dei valori
siamo tesoro non turbato
Sbagliato credere che la signorina Morchet
sia – così vecchia –
proprio là in fondo, nel fondo di Lorna.
Saliente…provveduta…non smessa nel fioco…
Ha viaggiato in Sicilia Finlandia Turchia
nozioni mette a profitto e manna ne fa, quale pecchia
industriosa, nel suo quaderno appunto su appunto si aggiorna
(giustamente, ma invano, diceva a mia zia
<< le poesie di suo nipote si capiscono poco >>)
(giustamente, ma invano, aspettava da due
colombe appaiate un’ovatura copiosa).
Dessa è: la sua faccia è [quella della] [pedagogia]
un po’ dura un po’ tonta un po’ sorda,
– oh cieli della pedagogia –
per andare avanti
indenne attraverso << i dubbi eccessivi le negazioni
che feriscono i bambini >> e il Centro di Lettura
i cuori – sì i cuori
le menti – sì le menti
e tolgono respiro e sostegno alle colline
e non parano le frane
non rassodano non pagano
(e sbattono le porte
e stridono le piogge
e volano le tegole
e – sotto vento –
i meli i meli e poi più).
Capito? Attenti, vero? Ai comportamenti
del mondo, a come si ottiene il frutto
a come abbondi il prodotto all’esame;
esaminare dunque, e poi avanti,
esamino, al futuro, il futuro
e rido con Dante nel sereno
che non si turba mai
e imito a gogò le potenze
butto giù butto giù per le forre
il frutto o sopra ci passo
sopra ci passo col trattore.
E se, ecco, dalle corolle dei meli, delle piogge…
Se adatti contatti e non…
Se xenoglosse non glossolalìe…
Se Dante aiutando…
Se quei sibili d’asma-appello…
Se un nostro sbilanciarci in pedagogie…
Come c’è stento ora e scarsa
divinazione. Avrò un voto
basso, di annientamento,
sarò castrato dalla pedagogia.
Suggeriscimi
tu, prego, amico,
degno cittadino di questo habitat
– e ora comodo comodo sotto
la coperta di sterpi di triboli -,
dov’è il tuo banco? Sei assente?
Devo segnarti con un A sul registro?
Ma non sapevi che al Centro di Lettura
tengo una conferenza su Dante
e che attendevo il tuo intervento
di dantista desmàt?
Non apprezzi come sono agibili
i nostri rispettivi schizoidismi
alla presenza
Alla presenza di mille meli di un milione di colline
di un tre studentelle
di un cinque magliaie, che amore, del maestro reggente
con settant’anni e settanta quarantenne
di vera gloria pedagogica
alla presenza della stessa presenza
Oh nella presenza. Prego: sii
anche tu giovane docente di cui non discuto
autorità umori nervi,
tu gemma del video sacra-immaginetta, copertina
tu bellissima fatale eccezionale istruitissima:
– quai chicche scolastiche
quai zuccherine didattiche trappole
quasi commedie psicoplastiche –
e che successi perfino su guerre pesti
e folgori otterresti otterremmo
grazie al nostro metodo e nonostante
i nostri rispettivi schizzoidismi
assolutamente disimmetrici –
maestra Morchet assenziente tricotante
e citando citando Dante
su verso a verso scalante
Turbato è il significato.
Non è neanche passato.
Non obbediscono al richiamo le gallinette e le stelle.
Eros benefit gratificazione
magagna sangue e tempo gramo
sulla pagina caso pone.
Fuori pedagogia out out, contro i meli e le maestre,
le potenze…i prìncipi…li scruti dalla finestrina dall’oblò
(trafiggono imprendono gestiscono
non conoscono le sazietà gesticolano impalano
si fanno razzi scoppiano
in corolle di scintille lassù)
ma il Centro di Lettura…
ma nuove pedagogie per i morti e forse per gli altri…
oltre forre e boschi escogitate…
<< Lume non è se non vien
si turba mai>>