UNA POESIA DI A. ZANZOTTO A PROPOSITO DI PEDAGOGIA.

immagine da Wikimedia commos

Negli ultimi tempi ho frequentemente sentito parlare e letto di scuola e pedagogia, idee, proposte e, soprattutto, giudizi e critiche, spesso fantasiose per la loro irrealizzabilità, sovente avanzate da persone che di scuola e di educazione, per non dire di pedagogia, non sanno nulla e che mai sono entrati in diretto contatto con quella realtà. A tal proposito mi è tornata in mente una poesia, una lunga poesia, di Andrea Zanzotto che narra la propria esperienza e che, mi sembra, già nel 1973, aveva colto molti degli aspetti che sono oggi in discussione. Capacità del poeta di guardare e sentire in avanti e di saperlo esprimere in maniera, magari di non agile comprensione, se mai una poesia può essere difficile da capire, ma artisticamente bella.

Andrea Zanzotto

Da, I misteri della pedagogia, 1973

Il Centro di Lettura.

Distinguere un poco raccogliere mettere da parte

per dirne bene: in tutto:

rigirando bene tutto sotto la lampada…

Qui si somministra la dolcissima linfa del sapere

anche ad ore impensate

e i fanciulli e i vecchi suggono

è certo che apprendono al Centro di Lettura:

e si imparte e comparte la vivanda

si tira l’orecchio al distratto

si premia e si castiga con frutto

usando onniveggenza; si offre più d’un documento

a bene pregiare la vita e tutto

(ora che in crepuscolo e dono è tutto:

non forse timbri e toni

nel senso dell’aggiustamento?)

 

Meli pieni di pioggia e di fiori

di sempre, di sempre,

adoranti, quanti <<sempre!>>: e dissero:

in sognolìo e luminìo di primavera

pioggia a filo a filo a filo

ribadita e grigie e gridi e forme –

una sera un crepuscolo ciondola intorno

mi ciondola testa e

sugli habitat è quasi festa

il profitto qua e là mangiucchia

qua e là ammucchia e tutto

rientra in questo ehi! anzi racconto

di cui vado accennando e poi accentuando

i trucchi le risorse le voglie d’avvicinamento…

come – se fosse vera – sul bilico di una selva

di meli in pioggia

lo scoppiettare di un trattore verso la carraia

 

Io vengo da abbastanza lontano

salgo in cattedra al Centro di Lettura

ci sono i bambini le ragazze delle medie

la vecchia maestra Morchet,

parlo di Dante: che bravi che attenti,

oh lui, quello sì, Dante!

in cattedra nel luogo dei meli e delle viti

nel pozzo delle delizie grigie.

E la maestra Morchet: << Lume non è se non vien dal sereno

che non si turba mai >>

cita, dalla sua sedia a destra della cattedra,

cattedra da cui si parla di Dante,

<< Bravissima, signorina:

luce non è che non venga da quella >>.

Tre bambine un po’ lolite certo apprendiste magliaie

nove scolari fra elementari e medie

certo un operaio; nell’armadio ci sono

bei libri qui al Centro di Lettura

niente di marcio niente d’impostura

– anche moderni, si assicura – e

che benefit che gratificazione da qui

il Ministero della P.I.

 

<< Lume non è che non venga >>.

Il tizzone l’hai visto, nel brolo?

Fumava nelle lanugini fumava nel rotto.

E i bachi li hai visti serificare

da tutto il loro immenso ghiotto?

Era il paragone famoso

per me: frivolo e solo

a leccornie attento: ma se questa stessa

fosse quasi didascalia

piena di passi in cammino

piena di stonature accettabili come le

gocce d’acqua di melo

gocce di fiori di melo               piene           …

Primavera baco e natura

da troppo in ambage

fuori dal Centro di Lettura

vanno in bosco vanno in muda

vanno in vacca dormono nella quarta

e noi al Centro invece – oh notte –

siamo con Dante e la maestra

e il maestro reggente e gli uditori

alla questua dei valori

siamo tesoro non turbato

 

Sbagliato credere che la signorina Morchet

sia – così vecchia –

proprio là in fondo, nel fondo di Lorna.

Saliente…provveduta…non smessa nel fioco…

Ha viaggiato in Sicilia Finlandia Turchia

nozioni mette a profitto e manna ne fa, quale pecchia

industriosa, nel suo quaderno appunto su appunto si aggiorna

(giustamente, ma invano, diceva a mia zia

<< le poesie di suo nipote si capiscono poco >>)

(giustamente, ma invano, aspettava da due

colombe appaiate un’ovatura copiosa).

Dessa è: la sua faccia è           [quella della]        [pedagogia]

un po’ dura un po’ tonta un po’ sorda,

– oh cieli della pedagogia –

per andare avanti

indenne attraverso << i dubbi eccessivi le negazioni

che feriscono i bambini >> e il Centro di Lettura

i cuori – sì i cuori

le menti – sì le menti

e tolgono respiro e sostegno alle colline

e non parano le frane

non rassodano non pagano

(e sbattono le porte

e stridono le piogge

e volano le tegole

e – sotto vento –

i meli i meli                                        e poi più).

 

Capito? Attenti, vero? Ai comportamenti

del mondo, a come si ottiene il frutto

a come abbondi il prodotto all’esame;

esaminare dunque, e poi avanti,

esamino, al futuro, il futuro

e rido con Dante nel sereno

che non si turba mai

e imito a gogò le potenze

butto giù butto giù per le forre

il frutto o sopra ci passo

sopra ci passo col trattore.

E se, ecco, dalle corolle dei meli, delle piogge…

Se adatti contatti e non…

Se xenoglosse non glossolalìe…

Se Dante aiutando…

Se quei sibili d’asma-appello…

Se un nostro sbilanciarci in pedagogie…

 

Come c’è stento ora e scarsa

divinazione. Avrò un voto

basso, di annientamento,

sarò castrato dalla pedagogia.

 

Suggeriscimi

tu, prego, amico,

degno cittadino di questo habitat

– e ora comodo comodo sotto

la coperta di sterpi di triboli -,

dov’è il tuo banco? Sei assente?

Devo segnarti con un A sul registro?

Ma non sapevi che al Centro di Lettura

tengo una conferenza su Dante

e che attendevo il tuo intervento

di dantista desmàt?

Non apprezzi come sono agibili

i nostri rispettivi schizoidismi

alla presenza

 

Alla presenza di mille meli di un milione di colline

di un tre studentelle

di un cinque magliaie, che amore, del maestro reggente

con settant’anni e settanta quarantenne

di vera gloria pedagogica

alla presenza della stessa presenza

 

Oh nella presenza.                                  Prego: sii

anche tu giovane docente di cui non discuto

autorità umori nervi,

tu gemma del video sacra-immaginetta, copertina

tu bellissima fatale eccezionale istruitissima:

– quai chicche scolastiche

quai zuccherine didattiche trappole

quasi commedie psicoplastiche –

e che successi perfino su guerre pesti

e folgori otterresti                     otterremmo

grazie al nostro metodo e nonostante

i nostri rispettivi schizzoidismi

assolutamente disimmetrici –

maestra Morchet assenziente tricotante

e citando citando Dante

su verso a verso scalante

 

Turbato è il significato.

Non è neanche passato.

Non obbediscono al richiamo le gallinette e le stelle.

Eros benefit gratificazione

magagna sangue e tempo gramo

sulla pagina caso pone.

Fuori pedagogia out out, contro i meli e le maestre,

le potenze…i prìncipi…li scruti dalla finestrina dall’oblò

(trafiggono imprendono gestiscono

non conoscono le sazietà gesticolano impalano

si fanno razzi scoppiano

in corolle di scintille lassù)

ma il Centro di Lettura…

ma nuove pedagogie per i morti e forse per gli altri…

oltre forre e boschi escogitate…

<< Lume non è se non vien

si turba mai>>

Lascia un commento