AVETE BUTTATO IL NONNO/A DALLA FINESTRA?

Avete buttato il nonno dalla finestra il 31 dicembre allo scoccare della mezzanotte? No? Bè, siete ancora in tempo per farlo. È arrugginito, sorpassato, vecchio e ancora non ne fanno né da sostituire in toto con un modello ultima generazione più tecnologico e che magari si alza da solo, né fanno pezzi di ricambio a basso costo, un bel chip da sostituire al neurone andato. Un motivo in più per un bel volo di mezzanotte assieme ai piatti scheggiati e al water ingiallito con l’asse rotto.

D’altronde, come si è soliti dire, “Largo ai giovani!”. Che poi questi giovani non sembra che abbiano tanto da dire. Non che non sappiano dire, quanto che non sanno cosa dire. Nullo di nuovo. Prendiamo Greta, punta il dito contro le generazioni precedenti con volto arcigno dicendo: “È colpa vostra! Ecco cosa ci lasciate!”, che è poi quello che dicevamo noi ai nostri genitori, magari a proposito del nucleare e di Chernobyl e quello che dicevano i nostri padri ai loro, dopo la guerra. Nulla di nuovo e mai che ne venga fuori una proposta.

Poi ci son i movimenti di massa giovanili, alla fine populisti come gli altri, dai nomi che sembrano rincorrere il “poverismo” anni ’60 e ’70, che siano Sardine o, prima, Pantere. “No alla corruzione”, “si badi alle cose concrete”, “no al razzismo”, “no al nazionalismo integralista”, “sviluppare la cultura” (che poi ricorda tanto la propaganda di certi elementi cinquestellati di qualche anno fa, cioè prima che si accomodassero in qualche comoda e inscardinabile poltrona su di un colle romano), ecc…, più che giusto, e ci si aspetta che, da un momento all’altro, dalle piazze gremite, come lo erano ai nostri tempi, qualcuno gridi “La creatività al potere!”, pensando di avere coniato uno slogan efficace (termine orribile e nazista) e nuovo.

Va bene che al mondo non si dice mai nulla di veramente nuovo, cambia semmai il modo di dirlo, ma almeno quello, al di là dei mezzi che vengono usati per diffondere rapidamente le idee o cose simile, cioè quegli stessi mezzi tecnici che sono tra i più responsabili di tale situazione. Perché il giornalista che diffonde notizie allarmanti in un certo modo e dice “Ho fatto solo il mio lavoro”, si sente la coscienza pulita, ma non l’ha, al pari di quello che semplicemente spingendo il bottone di una macchinario, fabbrica bombe antiuomo e dice ugualmente “Ho solo fatto il mio lavoro”. Che per altro è la linea di difesa dei vari gerarchi nazisti ai processi del dopoguerra, loro obbedivano agli ordini, era la legge, era il loro lavoro, erano, appunto, efficienti, almeno 5000 internati al giorno nei forni, piena efficienza (chi ne avesse voglia dia un’occhiata all’intervista/diario di Hannah Arendt a Eichmann, La banalità del male). Però sono finiti tutti appesi come polli per il collo o chiusi in gattabuia a vita.

Sia chiaro non si mette in discussione il dissenso, non c’è vera democrazia (ammesso che esista) senza il dissenso e la trasgressione, anzi forse è ancora troppo poco, ma il dissenso deve mirare a qualcosa di nuovo e soprattutto, proporre. Va bene distruggere, ma poi si deve ricostruire, e su cosa se non ci sono proposte? Se non si comincia, magari, dalle cose, dalle azioni più banali. Per esempio tutta quella gente che scende in piazza giustamente a accusare i governi (leggi: l’economia e l’apparato tecnico) per la distruzione dell’ambiente cosa fa poi? Finita la manifestazione va allegramente in un fast-food a farsi un hamburger, e si pappa carne cinque giorni alla settimana. Ignorano chiaramente che gli allevamenti intensivi per produrre carne sono la seconda causa di inquinamento del Pianeta. Bè, se mangiassero tutti carne una, due volte a settimana come sarebbe normale, facendo anche risparmiare la sanità, quegli allevamenti cosa ci starebbero a fare? Ma la ciccia è buona, specie con ketchup e patatine.

Ma un grandissimo punto a favore i giovani l’hanno: producono, magari non sanno cosa, ma producono e produrranno e consumano e consumeranno. E qui il discorso torna agli anziani. Perché l’anziano, anzi il pensionato, non produce più e, quindi, è inutile. E dico pensionato e non vecchio, perché nessuno muoverebbe appunti a un industriale o a un conduttore televisivo o a un manager o a un giornalista o a un intellettuale ecc… settantenne. Non ha importanza l’età anagrafica in questi casi, poiché continuano a produrre.

In realtà gli anziani e, soprattutto, i pensionati qualcosa consumano e tanto. I farmaci, con gioia delle industrie farmaceutiche. E guarda caso gli anziani-pensionati sono i primi consumatori di ansiolitici (per altro classe C come le benzodiazepine e quindi a carico totale dell’acquirente) e di antidepressivi. Ma evidentemente il fatturato del consumo di farmaci non copre la spesa sanitaria nazionale dei vecchietti.

Ma perché tutto ciò è accaduto? Perché anni e anni fa non era così? Difficile rispondere. Certo è che la situazione è cambiata. Non è necessario andare troppo indietro, è già sufficiente pensare a mia nonna che è morta nel 2000 a 91 anni. Bene, da quando era andata in pensione ha cercato di fare una vita tranquilla, nonostante il diabete e le preoccupazioni, per lo più legate ai figli che rimangono sempre bambini, oltre ai nipoti, preoccupandosi del contingente e senza porsi problemi del tipo “cosa ci faccio qui?”, “a cosa servo?”, “sono solo un peso”. E non per una supposta raggiunta saggezza, ma per il fatto che, in fondo era appagata, cioè si sentiva come una persona che aveva fatto ciò che doveva e poteva fare, aveva compiuto il proprio dovere, per quanto questa parola sia brutta e sgradevole.

Poteva riposarsi volendo, e aiutare chi ancora ne aveva bisogno, non aveva l’ansia di dover dimostrare che ancora valeva, che era necessaria a qualcuno o, peggio ancora, a qualcosa, non doveva mantenersi nel ciclo della produzione e del consumo per sentirsi viva. La sua vita aveva raggiunto un fine, non la fine.  Il nuovo, la novità, il progresso per lei non era un punto, raggiunto il quale, era utile solo a gettare la basi per un nuovo nuovo che lo supertasse al fine di essere consumato e per la logica tecnologica di procrastinare se stessa all’infinito cancellando ogni fine, poiché un fine, appunto, deve avere una fine. Insomma aveva uno scopo e, probabilmente, lo aveva raggiunto. In fondo non aveva fatto granché, solo aveva capito, credo, la vita.

Che fare? Come rimediare? Nulla, il processo è irreversibile. Chi ci dovrebbe pensare, la politica, i politici, han ben altro da fare, e poi, siamo giusti e realisti, ormai sono impotenti, completamente succubi dell’economia e questa, dal canto suo, dipendente quasi totalmente dalla tecno-scienza, tanto da aver praticamente perso la propria autonomia. La politica e i politici non esistono più, sono solo la facciata di qualcos’altro. E allora non rimane che attendere che ci mettano nella differenziata organica o nell’indifferenziato. E dopo loro, dopo noi, i più giovani. Gli anni passano per tutti gli umani, per la tecnica e il potere no. È solo questione di tempo.

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